Lunedì 6 dicembre 2021

Mercato del lavoro, perché in ottobre sono aumentati sia gli occupati che i disoccupati

a cura di: Dott. Gianmaria Vianova
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Mercato del lavoro, perché in ottobre sono aumentati sia gli occupati che i disoccupati

Il mercato del lavoro continua il suo percorso di recupero verso i livelli pre-crisi con un altro mese di aumento del numero degli occupati. Lo ha comunicato Istat nel suo aggiornamento del mercato del lavoro di ottobre, nel quale viene registrato un aumento dell'occupazione e contemporaneamente della disoccupazione.

Passando ai numeri veri e propri, nel mese di ottobre il numero di occupati è aumentato di 35mila unità. Una salita dello 0,2% rispetto a settembre che ha portato il tasso di occupazione al 58,6%. All'aumento del numero degli occupati è però comunque corrisposto un aumento dei disoccupati, saliti di 51mila unità rispetto a settembre (+2,2%), una correzione che ha portato il tasso di disoccupazione complessivo al 9,4%. Questi due dati sono apparentemente uno antitesi dell'altro. In realtà si tratta di una situazione ricorrente in fasi particolari del mercato del lavoro, come è quella della seconda metà del 2021.

Da una parte gli occupati sono coloro che "hanno svolto almeno un'ora di lavoro a fini di retribuzione o di profitto" (oltre ad altri casi complementari). Si tratta cioè di coloro che al momento dell'indagine hanno un lavoro. I disoccupati non sono semplicemente "coloro che non hanno un lavoro", bensì coloro che "hanno effettuato almeno un'azione attiva di ricerca di lavoro nelle quattro settimane che precedono la settimana di riferimento e sono disponibili a lavorare". Tradotto, i disoccupati sono coloro che non hanno una occupazione ma la stanno cercando attivamente.

Nel mese di ottobre i disoccupati sono aumentati comunque perché il mercato del lavoro non è riuscito ad assorbire tutti coloro che da "inattivi" sono passati ad essere "disoccupati". Il numero degli inattivi, ovvero l'insieme di chi non ha un lavoro e non lo sta cercando, si è ridotto di 79mila unità. Parte di questi ha trovato un impiego mentre un'altra parte no, passando all'insieme dei disoccupati. Accade così che nonostante l'aumento degli occupati i disoccupati aumentino: semplicemente l'offerta di lavoratori è cresciuta più della domanda dei datori di lavoro.

Il mercato del lavoro italiano si trova così di fronte ad un altro mese di "normalizzazione", con un ritorno alla ricerca attiva. L'aumento degli occupati, pur essendo una notizia positiva per l'andamento dell'economia italiana, nasconde però alcuni particolari da sottolineare.

Anzitutto l'aumento degli occupati ha riguardato soltanto i lavoratori maschi, aumentati di 36mila unità contro l'aumento nullo delle femmine. L'aumento si è inoltre concentrato nella categoria dei più giovani, dalla quale provengono 38mila nuovi occupati (in discesa invece la fascia 25-24 anni con -2mila e quella 35-49 anni con -9mila). Sulla tipologia si conferma la spinta del lavoro dipendente. I dipendenti sono aumentati di 44mila unità, 25mila permanenti e 20mila a termine. Ancora una volta in discesa il numero degli indipendenti (autonomi), 9mila in meno nel mese di ottobre. Quest'ultima categoria rispetto allo stesso mese del 2020 registra una riduzione di 132mila unità. Spicca invece l'incremento dell'occupazione a tempo determinato (+384mila unità con +14,3% su base annua). Ad ottobre il numero degli occupati torna vicino alla soglia dei 23 milioni (22,985 milioni), ancora lontano dai 23,238 milioni di febbraio 2020.

Il commento dell'Istat: "Nel mese di ottobre prosegue la crescita dell'occupazione osservata a settembre, con un aumento in due mesi di oltre 140 mila occupati; rispetto a gennaio 2021, l'incremento supera i 600 mila occupati ed è dovuto esclusivamente alla ripresa del lavoro dipendente. Il tasso di occupazione è più elevato di 1,8 punti percentuali. Rispetto ai livelli pre-pandemia (febbraio 2020) il numero di occupati è inferiore di quasi 200 mila unità; il tasso di occupazione, pari al 58,6%, è più basso di 0,1 punti, quello di disoccupazione è sceso dal 9,7% al 9,4%, mentre il tasso di inattività, ora al 35,2%, è superiore di 0,4 punti".

AUTORE:

Dott. Gianmaria Vianova

Gianmaria Vianova, classe 1996, si è laureato in economia e management presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza nel 2018. Attualmente è iscritto al corso di laurea magistrale in Economia...
e Finanza presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Dal 2017 collabora con il quotidiano Libertà di Piacenza, occupandosi di temi economici e cronaca.
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    - fiscale
    - gestionale/strategico.

    1. Vantaggi fiscali
    Il T.F.M. rappresenta un'importante leva di pianificazione fiscale per le società e un significativo beneficio per i suoi amministratori.
    Questo compenso, erogato al termine del rapporto di amministrazione, se correttamente strutturato, offre un duplice vantaggio fiscale: per l'azienda che lo accantona e per l'amministratore che lo percepisce.
    I benefici fiscali del T.F.M. si articolano principalmente in due ambiti:

    - la deducibilità del costo per competenza per la società, con conseguente riduzione dell'imponibile IRES ogni anno e
    - la tassazione separata per il percipiente.


    2. Vantaggi gestionali e strategici
    Tralasciando il caso – peraltro molto frequente nelle società di piccole dimensioni (cosiddette “familiari”) di attribuzione del TFM per aspetti principalmente fiscali, è utile considerare il TFM un potente strumento di gestione aziendale perché favorisce questi importanti fattori:

      • fidelizzazione e incentivazione: il TFM agisce come un incentivo a lungo termine. Sapendo di avere una somma importante che matura nel tempo, l'amministratore è più propenso a rimanere legato alla società e a lavorare per il suo successo duraturo. È un modo per premiare la lealtà e la permanenza.
      • attrazione di talenti: in fase di assunzione di un manager di alto profilo, offrire un pacchetto retributivo che include anche il TFM rende la posizione più attraente e competitiva rispetto a società che offrono solo un compenso fisso.
      • pianificazione finanziaria: accantonare il costo anno per anno permette una gestione finanziaria più ordinata e prudente. La società non si troverà a dover affrontare un esborso improvviso e imprevisto alla fine del mandato, poiché il costo è stato spalmato contabilmente su più esercizi, dando una rappresentazione più fedele della situazione patrimoniale.

    In conclusione, per la società il TFM non è semplicemente un costo aggiuntivo, ma un investimento strategico che, se correttamente pianificato, genera un importante risparmio fiscale immediato e contribuisce a creare un rapporto più solido e duraturo con il proprio management.

    Questo lavoro affronta i principali aspetti civilistici e fiscali e indica il modo corretto di operare, per permettere l’imputazione della quota annua di costo societario per competenza ed evitare che lo strumento utilizzato porti a contestazioni o riprese fiscali da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

    Fa parte di questo strumento pratico operativo (tool) il verbale di assemblea dei soci.

    a cura di: Studio Meli S.t.p. S.r.l.
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