Con sentenza n. 15087 del 5 giugno 2025 le Corte di Cassazione, Sezione I Civile, ha affermato i seguenti principi di diritto:
"Nel giudizio di legittimità, ove il socio che abbia impugnato la delibera sociale venga a perdere la qualità di socio per una cessione delle azioni attuatasi dopo la proposizione, da parte sua, del ricorso per cassazione, non trova applicazione l’art. 2378, comma 2, c.c.".
"In tema di società per azioni, in base all’art. 2437-bis, comma 3, c.c. il recesso costituisce un negozio giuridico unilaterale recettizio, che produce i suoi effetti nel momento in cui viene portato a conoscenza della società e che è subordinato alla condizione risolutiva rappresentata alternativamente dall’intervento, nel termine di novanta giorni ivi previsto, della revoca della delibera che lo legittima e dallo scioglimento della società; in ragione della deliberazione di revoca o di scioglimento il socio receduto riacquista ex tunc lo status di socio, comprensivo della legittimazione a impugnare a norma degli artt. 2377 e 2378 c.c. tale deliberazione, al pari delle altre che siano state adottate a seguito del proprio recesso".
L'art. 230 bis del codice civile costituisce una norma di chiusura in quanto regola i rapporti che si vengono ad instaurare tra titolare dell'impresa e suoi collaboratori - parenti e affini - quando tra questi non sia stato configurato un diverso rapporto [quale prestazione di lavoro subordinato (art. 2094 del codice civile), società (art. 2251 del codice civile), associazione in partecipazione (art. 2549 del codice civile), o comunione di azienda (art. 177 del codice civile)].
Ad ogni modo, quando il rapporto tra familiari risulta inquadrabile nell'ambito dell'impresa familiare, la norma prevede che qualora i collaboratori prestino la loro attività di lavoro in modo continuativo nella famiglia o nell'impresa familiare, gli stessi hanno diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, a partecipare:
I comitati sono organizzazioni di persone che, mediante la raccolta pubblica di fondi, intendono perseguire scopi d’interesse generale.
La disciplina dei comitati è prevista dagli articoli 39 e seguenti del codice civile. La formula del comitato viene utilizzata qualora l’esigenza di perseguire fini di pubblica utilità sia avvertita da persone che non dispongono di mezzi patrimoniali adeguati. Costoro possono farsi promotori di una sottoscrizione pubblica e raccogliere, in questo modo, i fondi necessari per raggiungere lo scopo.
L’articolo 39 del codice civile contiene alcuni esempi di comitati:
Il fondo patrimoniale è disciplinato dagli artt. 167-171 del codice civile, che lo definisce come un complesso di beni determinati che realizzano un patrimonio di destinazione.
Questo istituto è stato introdotto nell’ordinamento nazionale con la riforma del diritto di famiglia del 1975, L. 151, andando a sostituire il “patrimonio familiare”, che era disciplinato dall’art. 177 del codice civile.
Esso può essere costituito da uno o da entrambe i coniugi, o da un terzo ed è destinato dal titolare a garantire e soddisfare i bisogni della famiglia.
La soddisfazione di tali bisogni avviene attraverso i frutti, che derivano dall’impiego dei beni costituiti in fondo patrimoniale.
Attraverso questo strumento giuridico i coniugi, quindi, danno vita ad un patrimonio autonomo e separato, costituito per garantire la stabilità economica della famiglia.
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