Quanti commercialisti si sono sentiti dire dal cliente "Ma Dottore, non ci pensava lei?" proprio quando l'azienda ha l'acqua alla gola?
Un tempo era solo frustrante, oggi è un vero rischio professionale. Con le nuove regole sulla crisi d'impresa (art. 2086 c.c.), la responsabilità di tenere sotto controllo la salute dell'azienda è al 100% dell'imprenditore.
Il problema? Nelle piccole imprese, il cliente confonde la "tenuta della contabilità" (che serve per le tasse) con il "controllo di gestione" (che serve a non fallire). Pensa che se paga l'IVA, l'azienda sia sana. Ma non è così.
La situazione è ancora più pericolosa per i clienti in regime semplificato. Questo regime è "cieco": non tiene traccia dei debiti non ancora pagati o dei crediti non incassati. In pratica, un cliente può essere sull'orlo del fallimento e la sua contabilità fiscale non se ne accorge minimamente.
La soluzione: una "lettera di istruzioni" (e di difesa)
Per questo, molti studi stanno iniziando a usare un'informativa scritta. È un documento semplice da far firmare al cliente.
In breve, la lettera dice: "Caro cliente, attento. La legge obbliga TE a monitorare cassa, debiti e crediti. Il mio incarico 'standard' per le tasse non copre questo controllo".
Non è un atto di sfiducia, ma una mossa furba che porta tre vantaggi:
Ecco che un rischio si trasforma in un'occasione per vendere un nuovo servizio di consulenza (upselling) per monitorare davvero la cassa e la salute dell'azienda.
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