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Circolare INPS n.130 del 30.09.2025
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INDICE
1. Premessa
2. Gestione dei pignoramenti per conto terzi. Quadro normativo
2.1 L'impignorabilità assoluta
2.2 L'impignorabilità parziale
2.2.1 Regime di pignorabilità dei crediti derivanti da somme e indennità per prestazioni previdenziali sostitutive della retribuzione
2.2.2 Ulteriori chiarimenti sul regime di pignorabilità per crediti alimentari
2.3 Regime di pignorabilità dell’anticipazione NASpI
2.4 Sequestro conservativo
2.5 Chiarimenti sulle modalità di applicazione delle trattenute
2.6 Pagamento diretto dell'assegno di mantenimento da parte di un terzo
3. Concorso di gravami sulla stessa prestazione
3.1 Esecuzione dell’ordinanza di assegnazione
4. Verifiche ai sensi dell’articolo 48-bis del D.P.R. n. 602/1973
5. Pignoramenti eseguiti dall’Agente della Riscossione
6. Obblighi fiscali del sostituto d’imposta con riferimento alle somme riversate al creditore pignorante
7. Compensazioni e trattenute realizzate sulle prestazioni per debiti verso l’Istituto
1. Premessa
La disciplina giuridica dei pignoramenti è contenuta in numerose e frammentarie disposizioni di legge che impongono l’esigenza di fornire una lettura coordinata e sistematica delle norme di riferimento, al fine di assicurare non soltanto la piena conformità dell’operato dell’Istituto alla legge ma anche l'omogeneità dei comportamenti, nel rispetto dei principi d’imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.
Tanto premesso, con la presente circolare si illustra il quadro normativo vigente in materia e si forniscono le relative disposizioni operative in uso per la gestione dei casi in cui il pignoramento è disposto sulle somme erogate dall’Istituto a titolo di prestazioni previdenziali non pensionistiche e indennità a sostegno al reddito dei lavoratori in conseguenza di cessazione, sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
2. Gestione dei pignoramenti per conto terzi. Quadro normativo
Ai sensi dell’articolo 2740 del codice civile (c.c.): "Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”; pertanto, stante il disposto normativo, le norme che ammettono la limitazione di responsabilità patrimoniale del debitore sono di stretta interpretazione e non suscettibili di interpretazione analogica.
In linea generale, salvo disposizioni speciali, la pignorabilità dei crediti è soggetta ai limiti stabiliti dall'articolo 545 del codice di procedura civile (c.p.c.) che distingue tra:
a) i crediti del tutto impignorabili (ad esempio, sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri);
b) i crediti parzialmente pignorabili con limiti specifici e percentuali diverse a seconda del tipo di reddito (ad esempio, stipendi e pensioni).
In particolare, mentre il secondo comma del citato articolo 545 prevede un regime di assoluta impignorabilità per i crediti volti a soddisfare esigenze vitali o particolari bisogni dell'esecutato (si tratta dei crediti aventi a oggetto sussidi di povertà, maternità, malattia o funerali), i restanti commi riguardano i crediti soggetti a un regime di impignorabilità parziale, nell'ambito del quale sono contemplati differenti condizioni e limiti in base alla specifica natura del credito o della somma da pignorare.
Nello specifico, il terzo e il quarto comma dell’articolo 545 in argomento prevedono un differente limite alla pignorabilità del c.d. “credito retributivo”, ovvero delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a cause di licenziamento, correlato alla natura del credito azionato.
Tali somme sono pignorabili per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato; ove il credito azionato riguardi "tributi dovuti allo Stato" o ogni altro credito, tali somme sono pignorabili nei limiti di un quinto.
Inoltre, il quinto comma del medesimo articolo prevede che, in caso di simultaneo concorso delle cause di credito sopra indicate, la quota pignorabile può estendersi fino alla metà del complessivo ammontare del credito retributivo.
Al riguardo, si evidenzia che i regimi di impignorabilità assoluta e di impignorabilità parziale di cui al citato articolo, costituendo un’eccezione al generale principio di cui all'articolo 2740 del c.c., sono insuscettibili di interpretazione analogica.
La Corte costituzionale, investita più volte della questione di legittimità costituzionale di tale norma, ha chiarito che la ratio sottesa all'articolo 545 del c.p.c. è quella di contemperare la protezione del credito con l'esigenza del lavoratore di avere, attraverso una retribuzione congrua, un'esistenza libera e dignitosa (cfr., in particolare, Corte Cost., sentenze n. 20 del 28 marzo 1968 e n. 248 del 3 dicembre 2015).
2.1 L'impignorabilità assoluta
Ai sensi dell’articolo 545, secondo comma, del c.p.c. sono impignorabili in modo assoluto i “crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza”.
La ratio di tale disciplina risiede nella funzione assistenziale e vitale assolta da tali crediti.
Di conseguenza, sono da considerarsi impignorabili le somme erogate dall’Istituto per prestazioni a titolo di malattia (compresa la malattia in favore dei lavoratori marittimi e la malattia e la degenza ospedaliera in favore dei lavoratori iscritti alla Gestione separata), maternità, paternità, nonché quelle collegate ai congedi parentali, alle prestazioni antitubercolari, ai permessi e ai congedi straordinari per assistenza ai disabili.
In ogni caso, tali crediti, per effetto di quanto previsto dall’articolo 69 della legge 30 aprile 1969, n. 153, possono essere ceduti, sequestrati e pignorati, nei limiti di un quinto del loro ammontare, per debiti verso l’INPS derivanti da indebite prestazioni percepite a carico di forme di previdenza gestite dall'Istituto stesso, ovvero da omissioni contributive (escluse, in questo caso, le somme dovute per interessi e sanzioni amministrative), come meglio precisato al paragrafo 7 della presente circolare.
In merito alle somme dovute a titolo di assegni familiari e di assegno per il nucleo familiare, ai sensi dell’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, le medesime non possono essere sequestrate, pignorate o cedute se non per causa di alimenti a favore di coloro per i quali gli assegni sono corrisposti. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 24 del citato D.P.R. n. 797/1955 è sempre possibile procedere su tali trattamenti al recupero di assegni familiari o di assegno per il nucleo familiare indebitamente erogati.
2.2 L'impignorabilità parziale
Ai sensi del primo, terzo e quarto comma dell’articolo 545 del c.p.c. sono parzialmente impignorabili, ossia pignorabili entro certi limiti e a determinate condizioni, oltre ai crediti alimentari anche i crediti retributivi, come di seguito illustrato.
2.2.1 Regime di pignorabilità dei crediti derivanti da somme e indennità per prestazioni previdenziali sostitutive della retribuzione
Le norme sui limiti alla pignorabilità delle retribuzioni e degli emolumenti a essa assimilati, di cui all’articolo 545 del c.p.c., trovano applicazione anche per i crediti derivanti da somme e indennità per prestazioni previdenziali sostitutive della retribuzione, atteso che garantiscono al lavoratore in particolari condizioni, sotto il profilo delle tutele assicurate dall’articolo 38 della Costituzione, i mezzi di sussistenza adeguati a fare fronte alle esigenze di vita.
La pignorabilità di tali crediti è, quindi, consentita:
- per i crediti alimentari, nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato;
- per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni e per ogni altro credito nella misura di un quinto.
In sostanza, si configura la regola di carattere generale per cui le somme aventi natura di reddito da lavoro possono essere pignorate fino a un quinto del loro importo, fatta salva la possibilità di disporre da parte del giudice una diversa misura per i crediti alimentari, dovendosi in tali casi dare esecuzione al provvedimento autorizzato.
Come anticipato, in caso di simultaneo concorso delle cause di credito, la quota pignorabile può estendersi fino alla metà del complessivo ammontare del credito.
Le disposizioni sul pignoramento dei redditi da lavoro sono applicabili a tutte le prestazioni previdenziali sostitutive della retribuzione, tenuto conto che ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito, TUIR), i proventi conseguiti in sostituzione di redditi “costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti”.
Al riguardo, la circolare n. 326 del 23 dicembre 1997 del Ministero delle Finanze specifica che, in forza del citato articolo 6, comma 2, del TUIR, “tutte le indennità e le somme o i valori percepiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente o equiparati a questi (ad esempio, la cassa integrazione, l'indennità di disoccupazione, la mobilità, la indennità di maternità, etc.), comprese quelle che derivano da transazioni di qualunque tipo e l'assegno alimentare corrisposto in via provvisoria a dipendenti per i quali pende il giudizio innanzi all'autorità giudiziaria, sono assoggettabili a tassazione come redditi di lavoro dipendente”e che restano confermate, tra le altre,“la risoluzione n. 8/1478 del 16 ottobre 1988, con la quale è stata riconosciuta la natura di indennità sostitutiva del reddito di lavoro dipendente, alle indennità corrisposte ai marittimi per fermo di navi; la risoluzione n. 8/625, del 19 marzo 1993, con la quale è stata riconosciuta la natura di indennità sostitutiva del reddito di lavoro dipendente alla indennità di temporanea inabilità al lavoro corrisposta ai lavoratori del settore marittimo; la risoluzione 76/E, del 24 maggio 1996, con la quale è stata riconosciuta la natura di indennità sostitutiva del reddito di lavoro dipendente alla indennità corrisposta ai cittadini colpiti da tubercolosi”.
Anche la circolare n. 9/E del 14 maggio 2014 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito, al paragrafo 1.3, che “le somme percepite dai lavoratori a titolo di cassa integrazione guadagni, indennità di mobilità e indennità di disoccupazione costituiscono proventi conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente e, in base al comma 2 dell’art. 6 del TUIR, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti”.
Pertanto, in fase di accantonamento cautelare, la trattenuta da operare per crediti pignoratizi deve essere effettuata nella misura di un quinto dell’imponibile, al netto delle ritenute fiscali, salvo quanto disposto successivamente dal Giudice dell’esecuzione.
2.2.2 Ulteriori chiarimenti sul regime di pignorabilità per crediti alimentari
Nel caso in cui l’Istituto, in qualità di terzo pignorato, si trovi a dovere effettuare una trattenuta per crediti alimentari su una delle prestazioni in argomento, come anticipato, trova applicazione la disposizione di cui al terzo comma dell’articolo 545 del c.p.c., che prevede la pignorabilità nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato.
A tale proposito, mentre per l'assegno dovuto a titolo di contributo al mantenimento dei figli, anche maggiorenni, sia in sede di separazione che in sede di divorzio dei genitori, la giurisprudenza di legittimità in sede civile è stata sempre concorde nell'assegnare a tale credito natura alimentare, con le correlate connotazioni di indisponibilità e impignorabilità (se non per crediti parimenti alimentari), in passato, non è emersa una visione unitaria della natura dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge (1) separato o divorziato.
Il contrasto è stato risolto dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, con la sentenza n. 32914 dell’8 novembre 2022, nella quale è stato affermato che, considerato il carattere "latamente alimentare" o la funzione anche alimentare dell'assegno di mantenimento (nel senso della ricomprensione del minus alimentare nella più ampia obbligazione di mantenimento), per analogia, agli assegni separativi o divorzili risulta applicabile il trattamento riservato agli alimenti, quanto ai caratteri della impignorabilità e della non compensabilità dell'assegno di mantenimento, propri della disciplina dell'assegno alimentare.
Tuttavia, il legislatore non ha fissato in maniera rigida la misura e il contenuto della prestazione alimentare in senso proprio, atteso che ciò richiede una valutazione personalizzata la cui determinazione è riservata al giudice di merito, valutate tutte le variabili del caso concreto.
Pertanto, in ogni caso, l'espropriazione di crediti per cause di alimenti richiede, come condizione di efficacia del pignoramento, l'autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato, che deve contenere l'indicazione della misura entro la quale può avvenire il pignoramento del credito alimentare.
2.3 Regime di pignorabilità dell’anticipazione NASpI
L’articolo 8 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, prevede che il lavoratore avente diritto alla corresponsione della NASpI può richiedere la liquidazione anticipata, in unica soluzione, dell'importo complessivo del trattamento teorico spettante che non gli è stato ancora erogato a titolo di incentivo all'avvio di un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o per la sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa nella quale il rapporto mutualistico ha a oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio.
A tale proposito, la giurisprudenza ha ritenuto che il credito relativo all'anticipo NASpI ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 22/2015 ha natura di contributo finanziario che, come tale, non soggiace al limite di pignorabilità di cui all'articolo 545 del c.p.c. (cfr. Tribunale di Torino, sent. n. 2859 del 14 maggio 2024; Corte costituzionale, sent. n. 194 del 14 ottobre 2021; Cassazione sez. Lav. sent. n. 24951 del 15 settembre2021; Cassazione Sez. Lav. sent. n. 7470 del 19 marzo 2020).
Pertanto, le somme riconosciute a titolo di anticipazione della NASpI non soggiacciono ai limiti di pignorabilità dei redditi da lavoro e assimilati, in quanto perdono la natura di prestazione a sostegno del reddito, assumendo quella di incentivo all’autoimprenditorialità e sono, dunque, pignorabili fino a concorrenza del credito.
2.4 Sequestro conservativo
Nel caso di autorizzazione concessa dal giudice al sequestro conservativo sui crediti relativi a somme dovute per crediti previdenziali trovano applicazione, ai sensi dell’articolo 671 del c.p.c., le stesse disposizioni sui limiti del pignoramento come sopra esposte.
2.5 Chiarimenti sulle modalità di applicazione delle trattenute
In linea di massima, le trattenute operate a titolo di pignoramento presso terzi devono essere effettuate sulla prestazione netta spettante al debitore pignorato, titolare della prestazione, dopo che sulla stessa, quindi, siano state applicate le ritenute fiscali.
Alla suddetta regola generale fanno eccezione gli assegni periodici corrisposti al coniuge, a esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Tali assegni periodici, infatti, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera c), del TUIR, sono oneri deducibili fino a concorrenza del reddito complessivo. Parallelamente, tale importo costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera i), del TUIR, per il coniuge che lo percepisce e, di conseguenza, la trattenuta per il pignoramento va applicata sul lordo della prestazione.
2.6 Pagamento diretto dell'assegno di mantenimento da parte di un terzo
L’articolo 3, comma 33, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, ha introdotto l’articolo 473-bis.37 al codice di procedura civile, in base al quale il creditore cui spetta la corresponsione periodica del contributo in favore suo o della prole, dopo la costituzione in mora del debitore, inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, può notificare il provvedimento o l'accordo di negoziazione assistita in cui è stabilita la misura dell'assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al soggetto obbligato, con la richiesta di versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al debitore inadempiente.
Il terzo è tenuto al pagamento dell'assegno dal mese successivo a quello in cui è stata effettuata la notificazione. Ove il terzo non adempia, il creditore ha azione esecutiva diretta nei suoi confronti per il pagamento delle somme dovute.
3. Concorso di gravami sulla stessa prestazione
Nel caso in cui il credito da prestazione venga pignorato più volte da diversi creditori, trova applicazione il limite di pignorabilità dei crediti di natura retributiva del debitore nell'ipotesi della simultanea esistenza di più crediti nei suoi confronti. Situazione che si ha anche quando sia stata già assegnata la somma a soddisfacimento futuro di un credito, che viene pertanto a concorrere con il successivo pignoramento verso il medesimo debitore.
Infatti, l'ordinanza di assegnazione che chiude il processo per espropriazione presso terzi ai sensi dell'articolo 553 del c.p.c. non ha immediato effetto satisfattivo, dato che il diritto dell'assegnatario verso il debitore esecutato si estingue solo con l’intera riscossione del credito assegnato, per come si desume anche dall'articolo 2928 del c.c. (cfr. Cassazione civile, Sez. I, sent. n. 25946 dell’11 dicembre 2007).
L'esistenza di tale vincolo deve essere manifestata dal terzo pignorato quando rende la dichiarazione ai sensi dell'articolo 547 del c.p.c. nell'esecuzione intrapresa secondo le norme del medesimo codice di procedura civile dal creditore successivo del medesimo debitore.
L’articolo 545, quinto comma, del c.p.c., come anticipato, prevede che il limite di un quinto può essere esteso fino alla metà nel caso di simultaneo concorso tra le diverse cause di credito indicate ai commi precedenti del medesimo articolo.
Conseguentemente, anche per la soddisfazione dei crediti alimentari, i crediti previdenziali sostitutivi della retribuzione possono essere pignorati al massimo fino alla metà e nell'ipotesi in cui il medesimo credito sia già assoggettato a esecuzione forzata è pignorabile al massimo nella misura pari alla differenza tra la metà del credito da prestazione e quanto già assoggettato al precedente pignoramento.
Il predetto limite – secondo gli orientamenti giurisprudenziali – si applica anche in caso di concorrenza tra il pignoramento del credito retributivo (o assimilato) e la decurtazione di esso per versamento diretto dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge separato e del figlio affidato.
Tuttavia, il terzo comma del citato articolo 473-bis.37 del c.p.c., con riferimento a un eventuale pignoramento presso terzi eseguito a tutela di un assegno periodico per il coniuge separato o divorziato e di un assegno alimentare per il mantenimento dei figli, dispone che: “Qualora il credito dell'obbligato nei confronti dei suddetti terzi sia stato già pignorato al momento della notificazione, all'assegnazione e alla ripartizione delle somme tra l'avente diritto al contributo e gli altri creditori provvede il giudice dell'esecuzione, il quale tiene conto anche della natura e delle finalità dell'assegno”.
3.1 Esecuzione dell’ordinanza di assegnazione
L’INPS è tenuto a eseguire le disposizioni contenute nel provvedimento emesso dall’Autorità Giudiziaria come atto conclusivo del procedimento di esecuzione forzata attenendosi alle statuizioni rese nel provvedimento medesimo.
Salvo diversa disposizione giudiziale, in caso di più pignoramenti deve essere data esecuzione all’ordinanza relativa alla procedura esecutiva notificata in data anteriore. Pertanto, in caso di precedenti procedure esecutive già attive sul trattamento previdenziale - in fase di accantonamento cautelare o oggetto di precedenti assegnazioni - si può dare esecuzione al pignoramento solo dopo l’integrale soddisfo di tali procedure.
In assenza di disposizioni di dettaglio nel provvedimento di assegnazione - in quanto il Giudice dell’esecuzione si è limitato ad assegnare genericamente un quinto della quota pignorabile - occorre inoltre attenersi ai seguenti criteri:
- se i pignoramenti sono stati notificati nella medesima data o se nell’ambito dello stesso procedimento esecutivo concorrono più crediti, l’importo da trattenere e da destinare ai diversi creditori deve essere contenuto nei limiti di un quinto secondo le modalità di calcolo precedentemente riportate;
- qualora nell’ambito dello stesso procedimento esecutivo concorrano più creditori e nel provvedimento di assegnazione non sia stata specificata la percentuale di ripartizione delle somme, le medesime devono imputarsi in parti uguali a ciascuno dei creditori pignoratizi;
- in caso di pignoramenti notificati alla medesima data, considerato che la quota di un quinto trattenuta in fase di accantonamento cautelare è stata ripartita in parti uguali tra le diverse procedure esecutive, deve essere data tempestiva esecuzione all’ordinanza di assegnazione che pervenga in data anteriore. Allo stesso tempo devono essere attuate tutte le misure idonee a consentire l’esecuzione delle ordinanze che saranno notificate in data successiva;
- in presenza di un provvedimento di assegnazione da eseguire in concorso ad altro terzo pignorato il recupero del debito deve intendersi ripartito al 50% (sempre salvo diversa disposizione giudiziale);
- se coesistono trattenute per finanziamento con estinzione dietro cessione del quinto e trattenute per pignoramento, queste ultime devono essere sempre applicate in via prioritaria rispetto a quelle relative al finanziamento.
4. Verifiche ai sensi dell’articolo 48-bis del D.P.R. n. 602/1973
L’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (2), prevede che le pubbliche Amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prima di effettuare un pagamento di importo superiore a 5.000 euro (importo così ridotto dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205, con decorrenza dal 1° marzo 2018), verifichino l’eventuale inadempienza del beneficiario all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno al suddetto importo (da intendersi comprensivo di interessi di mora ed eventuali spese di esecuzione) e, in caso affermativo, segnalino la circostanza all’Agenzia delle Entrate-Riscossione ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.
Il limite di 5.000 euro previsto per i pagamenti deve essere considerato al netto delle ritenute previdenziali, assistenziali ed erariali, come chiarito dal Ministero dell’Economia e delle finanze nelle circolari n. 22 del 29 luglio 2008, n. 29 dell’8 ottobre 2009, n. 27 del 23 settembre 2011 e n. 13 del 21 marzo 2018.
Inoltre, in considerazione di quanto chiarito ai precedenti paragrafi, il limite di 5.000 euro va considerato altresì al netto di eventuali gravami già presenti sul pagamento.
Qualora, dunque, l’importo della prestazione da corrispondere superi il suddetto limite, l’Istituto effettua la verifica inoltrando apposita richiesta tramite il servizio “Verifica inadempimenti”, disponibile sul portale www.acquistinretepa.it.
Se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione comunica l’assenza di inadempienze o non fornisce alcuna risposta entro il termine di cinque giorni stabilito dal decreto attuativo 18 gennaio 2008, n. 40, del Ministro dell'Economia e delle finanze, l’Istituto procede al pagamento degli importi dovuti al beneficiario.
Qualora l’Agenzia delle Entrate-Riscossione comunichi che risulta un inadempimento, la richiesta del soggetto pubblico costituisce segnalazione ai sensi del citato articolo 48-bis, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973. La comunicazione contiene l'indicazione dell'ammontare del debito del beneficiario per cui si è verificato l'inadempimento, comprensivo delle spese esecutive e degli interessi di mora dovuti. Con la medesima comunicazione, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione preannuncia l'intenzione dell'Agente della Riscossione competente per territorio di procedere alla notifica dell'ordine di versamento di cui all'articolo 72-bis del D.P.R. n. 602/1973.
In tale caso, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del decreto ministeriale n. 40/2008, l’Istituto non procede al pagamento delle somme dovute al beneficiario fino alla concorrenza dell'ammontare del debito comunicato per i sessanta giorni successivi a quello della comunicazione, in attesa di ricevere la notifica dell’ordine di versamento di cui all’articolo 72-bis del D.P.R. n. 602/1973, entro sessanta giorni dalla prima comunicazione dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, decorso infruttuosamente tale termine, l’importo trattenuto viene sbloccato.
Tuttavia, qualora le somme in pagamento abbiano la natura di crediti sostitutivi della retribuzione, ai sensi dell'articolo 545, terzo comma, del c.p.c., l’Istituto sospende il pagamento nei limiti previsti dal successivo quarto comma del medesimo articolo 545, ossia fino al massimo di un quinto dell’importo netto della prestazione. Tale limite, come già chiarito nel precedente paragrafo, ai sensi del quinto comma dell’articolo 545 in argomento, può essere esteso fino alla metà nel caso di simultaneo concorso tra diverse cause di credito.
Si ribadisce che le prestazioni legislativamente individuate come impignorabili non sono da assoggettare alle verifiche di cui al citato articolo 48-bis, in linea con quanto affermato dal Consiglio di Stato con parere n. 2834/2007, reso nell'adunanza del 22 ottobre 2007. Le prestazioni temporanee connesse allo stato di salute, maternità e sostentamento sono da ritenersi, dunque, escluse dall’obbligo di verifica, così come anche disposto dalla circolare del Ministero dell’Economia e delle finanze n. 22/2008.
In ordine alla prestazione della NASpI erogata in forma anticipata, si ricorda che, assumendo la stessa la natura di incentivo all’autoimprenditorialità, l’Istituto provvede a trattenere fino a capienza l’intero importo del credito comunicato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, non operando i limiti di pignorabilità di cui all’articolo 545, terzo, quarto e quinto comma, del c.p.c.
Per completezza, si fa da ultimo presente che l’articolo 1, comma 84, della legge 30 dicembre 2024, n. 207 (legge di Bilancio 2025), ha modificato l’articolo 48-bis del D.P.R. n. 602/1973, inserendo il comma 1-bis, il quale prevede che limitatamente alle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, l’obbligo di verifica di cui dal comma 1 del medesimo articolo 48-bis si applica, a decorrere del 1° gennaio 2026, anche al pagamento di importi superiori a 2.500 euro, a condizione che l’ammontare complessivo dell’inadempimento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento sia almeno pari a cinquemila euro.
5. Pignoramenti eseguiti dall’Agente della Riscossione
La normativa contenuta nel D.P.R. n. 602/1973 consente all’Agente della Riscossione di agire in via stragiudiziale per la riscossione dei propri crediti, procedendo con l’intimazione diretta nei confronti del soggetto terzo presso cui il debitore vanti un credito.
Ai sensi dell’articolo 72-ter, rubricato “Limiti di pignorabilità”, del citato D.P.R., le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall’Agente della Riscossione in misura pari a un decimo per importi fino a 2.500 euro e a un settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro.
Resta ferma la misura di cui all'articolo 545, quarto comma, del c.p.c. se le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i cinquemila euro.
Di conseguenza, in ipotesi di pignoramento per conto dell’Agente della Riscossione i limiti che si applicano sono i seguenti:
- un decimo per prestazioni di importo fino a 2.500 euro;
- un settimo per prestazioni di importo superiore a 2.500 euro e non superiore a 5.000 euro;
- un quinto per le prestazioni il cui importo sia superiore a 5.000 euro.
Al riguardo, si ribadisce che gli importi soglia individuati dalla norma devono essere intesi come riferiti all’importo netto in pagamento, vale a dire al netto dell’imposizione fiscale già calcolata sulla prestazione.
Da ultimo, si rinvia a quanto già illustrato al precedente paragrafo 3 in materia di concorso di più gravami.
6. Obblighi fiscali del sostituto d’imposta con riferimento alle somme riversate al creditore pignorante
Ai sensi del comma 15 (3) dell’articolo 21 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dall’articolo 15, comma 2, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, l’Istituto, in qualità di sostituto d’imposta, è tenuto a operare una ritenuta alla fonte del 20% quale acconto IRPEF sugli importi trattenuti a titolo di pignoramento presso terzi, dopo avere verificato la sussistenza dei requisiti previsti dalla richiamata normativa.
Il credito deve essere riferito a somme per le quali va operata, secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e del decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988, n. 42, una ritenuta alla fonte, le cui modalità applicative sono state chiarite dall’Agenzia delle Entrate con il provvedimento n. 34755 del 3 marzo 2010.
Successivamente, con la circolare n. 8/E del 2 marzo 2011 l’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni con riguardo ai requisiti soggettivi previsti dalla normativa:
- il creditore pignoratizio deve essere un soggetto IRPEF e non un ente o società soggetto a IRES;
- il terzo erogatore deve essere un sostituto d’imposta ai sensi degli articoli 23 e seguenti del citato D.P.R. n. 600/1973, ossia uno dei soggetti a cui tassativamente la legge conferisce l’obbligo di pagare le imposte in luogo di altri, per fatti e situazioni ad essi riferibili.
Si evidenzia, al riguardo, il chiarimento fornito nella citata circolare sul differente trattamento fiscale degli assegni periodici in caso di mantenimento del coniuge o dei figli. Quelli per il coniuge sono assimilati, in base al disposto dell’articolo 50, comma 1, lettera I), del TUIR, ai redditi da lavoro dipendente e, nel caso in cui siano corrisposti da un sostituto d’imposta, sono soggetti a ritenuta alla fonte, secondo le disposizioni dell’articolo 24 del D.P.R. n. 600/1973. Come già evidenziato, tali assegni periodici, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera c), del TUIR, per il soggetto debitore sono oneri deducibili fino a concorrenza del reddito complessivo.
Gli assegni per il mantenimento dei figli, invece, per espressa previsione dell’articolo 3, comma 3, lettera b), del TUIR non costituiscono reddito, per cui tali somme non devono essere assoggettate a ritenuta alla fonte. Tali assegni, a differenza di quelli per il coniuge, non costituiscono oneri deducibili.
Nell’ipotesi in cui il provvedimento del giudice non abbia distinto la quota per il mantenimento dei figli da quella per il mantenimento del coniuge, l’articolo 3 del D.P.R. n. 42/1988 stabilisce che, ai fini dell’individuazione dei redditi esclusi dalla base imponibile e degli oneri deducibili dal reddito complessivo dei soggetti interessati, l’assegno di mantenimento si considera destinato per la metà dell’ammontare ai figli. Tale disposizione stabilisce un criterio fiscale che riguarda i due soggetti dell’obbligo di mantenimento (creditore e debitore) e non il sostituto d’imposta, che non può assumere questo criterio presuntivo e trasformarlo in ritenuta fiscale, se non espressamente indicato in un titolo giudiziario.
Di conseguenza, nei casi in cui il giudice non abbia distinto le due quote per il mantenimento dei figli e del coniuge, il sostituto d’imposta non è tenuto a effettuare la ritenuta fiscale, come specifica la stessa Agenzia delle Entrate nella citata circolare n. 8/E/2011, che specifica: “il carattere speciale delle procedure esecutive contemplate nell’ambito del diritto di famiglia, unitamente a esigenze di semplificazione degli adempimenti a carico del terzo erogatore, il quale, peraltro, non è tenuto a individuare la parte dell’assegno destinata al mantenimento dei figli, comporta che le somme in questione non devono essere assoggettate alla presente ritenuta”fermi restando gli obblighi di certificazione a cui è soggetto il terzo erogatore, riguardo all’indicazione delle somme non assoggettate a ritenuta.
Infine, con riferimento alle procedure esecutive azionate dall’Agente della Riscossione, si precisa che l’Istituto, in qualità di sostituto d’imposta, non è tenuto ad attuare alcun prelievo fiscale alla fonte.
Per completezza si rappresenta che, a partire dal 1° gennaio 2026, la materia è disciplinata dall’articolo 47 del decreto legislativo n. 33/2025, che prevede: “Le disposizioni in materia di ritenute alla fonte previste nel presente capo, nonché l'articolo 11, commi 5, 6, 7 e 9 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 devono intendersi applicabili anche nel caso in cui il pagamento sia eseguito mediante pignoramento anche presso terzi in base a ordinanza di assegnazione, qualora il credito sia riferito a somme per le quali, ai sensi delle predette disposizioni, deve essere operata una ritenuta alla fonte. In quest'ultima ipotesi, in caso di pagamento eseguito mediante pignoramento presso terzi, questi ultimi, se rivestono la qualifica di sostituti d'imposta ai sensi dell'articolo 33 e seguenti del presente capo, devono operare all'atto del pagamento delle somme la ritenuta nella misura del 20 per cento, secondo modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate”.
7. Compensazioni e trattenute realizzate sulle prestazioni per debiti verso l’Istituto
Il recupero delle somme indebitamente corrisposte per prestazioni erogate ma non dovute ha, per l’INPS, carattere di doverosità e rappresenta l’esercizio di un diritto soggettivo non rinunciabile, in quanto correlato al conseguimento di finalità di pubblico interesse, derivante dal disposto dell’articolo 2033 del c.c., in base al quale: “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato”.
In particolare, per quanto qui di interesse, con riferimento alla modalità di recupero delle somme non spettanti mediante compensazione sugli arretrati e/o mediante trattenuta sulle prestazioni in corso di pagamento, si precisa che il limite di pignorabilità è disciplinato dall’articolo 69 della legge n. 153/1969, norma prevalente in quanto lex specialis rispetto all’articolo 545 del c.p.c.
Tale norma prevede la possibilità per l’Istituto di recuperare le somme indebitamente percepite a titolo di prestazioni previdenziali prevedendo, al comma 1, che: “Le pensioni, gli assegni e le indennità spettanti in forza del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché gli assegni di cui all'articolo 11 della legge 5 novembre 1968, n. 1115, possono essere ceduti, sequestrati e pignorati nei limiti di un quinto del loro ammontare, per debiti verso l'Istituto nazionale della previdenza sociale derivanti da indebite prestazioni percepite a carico di forme di previdenza gestite dall'Istituto stesso, ovvero da omissioni contributive, escluse, in questo caso, le somme dovute per interessi e sanzioni amministrative”.
La disposizione normativa, quindi, nello stabilire che oggetto del recupero sono tutte le prestazioni previdenziali indebitamente percepite, nonché i debiti per omissioni contributive, pone una limitazione riguardo alle prestazioni sulle quali è possibile operare la trattenuta.
Tuttavia, poiché la norma non prevede che vi sia un’identità di titolo tra le prestazioni indebitamente erogate e quelle sulle quali operare il recupero, si conferma che, per la realizzazione del proprio credito, l’Istituto deve rivalersi in primo luogo sulle prestazioni assicurative spettanti al debitore, sempre che si tratti di quelle indicate dalla legge medesima (cfr. la circolare n. 53391 Prs. 4 del 8 gennaio 1970).
Per quanto rappresentato, tenuto conto dei successivi interventi normativi che hanno esteso il novero delle tutele garantite dall’obbligo di assicurazione, le prestazioni previdenziali non pensionistiche cedibili, sequestrabili, pignorabili per debiti verso l’Istituto possono essere così elencate:
- le indennità di disoccupazione (disoccupazione ordinaria, disoccupazione con requisiti ridotti, disoccupazione in favore degli operai agricoli; disoccupazione in favore dei lavoratori rimpatriati e dei lavoratori frontalieri; indennità di disoccupazione ASpI e MiniASpI; trattamenti speciali di disoccupazione edile; indennità di mobilità; indennità di disoccupazione NASpI; indennità di disoccupazione DIS-COLL; indennità di disoccupazione ALAS/IDIS per lavoratori iscritti al Fondo Pensioni per i Lavoratori dello Spettacolo);
- le prestazioni integrative della disoccupazione erogate dai fondi di solidarietà (assegno emergenziale; assegni integrativi della durata e della misura delle prestazioni di disoccupazione o della mobilità);
- Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO);
- i trattamenti economici di malattia (per i lavoratori dipendenti e parasubordinati, nonché per gli iscritti al Fondo Pensioni per i Lavoratori dello Spettacolo e per i lavoratori marittimi);
- le indennità antitubercolari (indennità giornaliera, indennità post-sanatoriale, assegno di cura e sostentamento, assegno natalizio);
- le indennità di maternità/paternità (congedo di maternità, congedo di paternità, congedo parentale per lavoratori dipendenti/parasubordinati/liberi professionisti e autonomi, nonché per gli iscritti al Fondo Pensioni per i Lavoratori dello Spettacolo);
- le prestazioni assicurate dal Fondo di garanzia (trattamento di fine rapporto e crediti da lavoro);
- i trattamenti di integrazione salariale in favore degli operai dell’edilizia, artigianato e industria (CIGO), i trattamenti di integrazione salariale straordinaria (CIGS), i trattamenti di integrazione salariale erogati dai Fondi di solidarietà (assegno ordinario, assegno di integrazione salariale), nonché in favore degli operai agricoli (CISOA);
- le prestazioni integrative delle integrazioni salariali erogate dai Fondi di solidarietà.
Ne consegue che, per il recupero dei propri crediti l’Istituto può effettuare un prelievo diretto sugli eventuali crediti derivanti dalle prestazioni elencate di cui il soggetto debitore sia beneficiario e che, fermo restando il limite di un quinto stabilito dal citato articolo 69 della legge 153/1969, non rilevano le limitazioni previste dall’articolo 545, secondo comma, del c.p.c. in ordine all’impignorabilità dei sussidi di maternità e malattia.
Permane il limite nell’applicazione delle trattenute per il recupero degli indebiti sui crediti erogati a titolo di trattamenti di famiglia stabilito dall’articolo 24 del D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 (TUAF), il quale dispone che: “In caso di indebita percezione di assegni da parte dei lavoratori, le somme che questi devono restituire sono trattenute sull'importo degli assegni da corrispondersi ad essi ulteriormente o su ogni altro credito derivante dal rapporto di lavoro”.
Pertanto, i crediti da assegni per il nucleo familiare/assegni familiari possono subire una trattenuta pari a un quinto della somma spettante solo ai fini del recupero di indebiti della stessa natura. In ogni caso, eventuali somme indebite erogate a titolo di assegni per il nucleo familiare/assegni familiari possono essere recuperate sulle altre prestazioni derivanti da rapporto di lavoro, operando una trattenuta nella misura massima di un quinto dell’importo spettante, intendendosi per tale quello al netto dell’imposizione fiscale.
Al riguardo, si ribadisce che le disposizioni di salvaguardia previste per le prestazioni pensionistiche non sono applicabili alle prestazioni non pensionistiche. In particolare, non è applicabile il limite stabilito dall’articolo 69, secondo comma, della legge n. 153/1969, il quale dispone che solo “per le pensioni ordinarie liquidate a carico della assicurazione generale obbligatoria, viene comunque fatto salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo”.
Il Direttore generale
Valeria Vittimberga
(1) Si precisa che ai sensi dell’articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76: “Al solo fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”.
(2) Ai sensi dell’articolo 241, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 24 marzo 2025, n. 33, il D.P.R. n. 602/1973 è abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2026. Per la nuova disciplina cfr., a decorrere dalla medesima data, il citato decreto legislativo n. 33/2025, recante: “Testo unico in materia di versamenti e di riscossione”.
(3) Ai sensi dell’articolo 24, comma 1, lettera u), del decreto legislativo n. 33/2025, tale comma è abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2026. Per la nuova disciplina, a decorrere da tale data, si rinvia all’articolo 21 del citato decreto legislativo.