• Risoluzione Agenzia Entrate n. 20/E del 26.03.2025

  • Risoluzione Agenzia Entrate n. 20/E del 26.03.2025
  • RISOLUZIONE N. 20/E



    Divisione Contribuenti
    ______________

    Direzione Centrale Piccole e Medie Imprese



    Roma, 26 marzo 2025


    OGGETTO: Iva – Rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile in caso di

    “realizzazione di opere su beni di terzi” - Articolo 30, comma 2, lett.
    c), del d.P.R. n. 633/1972

    Premessa

    Sono pervenute richieste di chiarimenti in merito all’interpretazione

    dell’articolo 30, comma 2, lett. c) del decreto del Presidente della Repubblica 26

    ottobre 1972, n. 633 (di seguito, “d.P.R. n. 633 del 1972”) con riferimento alla

    rimborsabilità dell’eccedenza IVA detraibile “per opere realizzate su beni di terzi”

    a seguito della sentenza della Corte di cassazione - Sezioni Unite Civili - del 14

    maggio 2024, n. 13162.

    Con la presente risoluzione si forniscono indicazioni per le fattispecie nelle

    quali l’Iva è stata assolta dall’esercente attività d’impresa o di lavoro autonomo in

    relazione ai lavori di ristrutturazione o manutenzione effettuati su beni di proprietà

    di terzi, che presentano un nesso di strumentalità con l’attività svolta.

    1. Inquadramento normativo e prassi di riferimento

    L’articolo 30, comma 2, lett. c), d.P.R. n. 633 del 1972, prevede che: «[I]l

    contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile,

    se di importo superiore a euro 2.582,28, all’atto della presentazione della

    2
    dichiarazione: …c) limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o

    all’importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e

    ricerche…»

    In relazione alla suddetta disposizione, l’Agenzia ha chiarito che «non può

    essere riconosciuto il diritto al rimborso dell’Iva assolta sulle spese per la

    realizzazione, su immobili concessi in uso o comodato, di opere inseparabili dai

    beni cui accedono» poiché «l’opera eseguita non è di proprietà del soggetto che

    l’ha realizzata giacché in base ai principi civilistici accede ad un immobile di

    proprietà altrui. Di conseguenza, non può essere iscritta nel bilancio come bene

    ammortizzabile proprio del soggetto che l’ha effettuata. Tali beni, in quanto non

    ammortizzabili, non rientrano quindi nella previsione normativa di cui alla lettera

    c) del comma 3 del citato art. 30.»1

    In particolare, con la risoluzione del 27 dicembre 2005, n. 179/E, l’Agenzia

    delle entrate, pur riconoscendo il diritto alla detrazione dell’Iva assolta sulle spese

    di miglioramento, trasformazione e ampliamento su beni di proprietà altrui,

    utilizzati nell’attività d’impresa o di lavoro autonomo, in merito alla rimborsabilità

    di detta imposta aveva precisato, al paragrafo 3, che:

    (i) «le spese incrementative su beni di terzi sono capitalizzabili ed

    iscrivibili nella voce “altre immobilizzazioni immateriali” qualora le opere

    realizzate non siano separabili dai beni di terzi cui accedono, ossia non possono

    avere una loro autonoma funzionalità. Tali spese sono disciplinate, ai fini della

    deducibilità fiscale, dal terzo comma dell’articolo 108 del testo unico delle imposte

    sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22

    settembre 1986, n. 917, il quale dispone che ‘le altre spese relative a più esercizi

    (…) sono deducibili nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio’.» Si è

    ritenuto, pertanto, che:


    1 Cfr. risoluzione del 27 dicembre 2005, n. 179/E, paragrafo 3. I principi espressi nella risoluzione n. 179
    hanno trovato applicazione anche in altri documenti di prassi, in relazione a specifiche fattispecie (v., ad
    es., risoluzione del 28 dicembre 2007 n. 392/E; risoluzione del 16 marzo 2009 n. 65/E).

    3
    (ii) «le spese per il miglioramento, trasformazione od ampliamento di

    beni di terzi concessi in uso o comodato, qualora si estrinsechino in opere non

    suscettibili di autonoma utilizzabilità, non siano iscrivibili tra le immobilizzazioni

    materiali, non potendo le opere realizzate essere rimosse al termine del periodo di

    utilizzo. Benché le spese in esame siano iscritte in bilancio tra le immobilizzazioni

    immateriali, come precisato con la circolare n. 27/E del 31 maggio 2005, “dal

    punto di vista fiscale non possono essere considerate ‘beni’ (della specie ‘beni

    immateriali’) cui si renda applicabile la disciplina degli ammortamenti e della

    deduzione extracontabile di cui rispettivamente agli articoli 103 e 109 del TUIR.

    Le stesse costituiscono, invero, oneri pluriennali e più precisamente spese relativi

    a più esercizi di cui al comma 3 dell’articolo 108 (…).»

    Sulla base di tale qualificazione, prima della sentenza delle Sezioni Unite,

    n. 13162 del 2024, non poteva riconoscersi «il diritto al rimborso dell’IVA assolta

    sulle spese per la realizzazione, su immobili concessi in uso o comodato, di opere

    inseparabili dai beni cui accedono. L’opera eseguita, infatti, non è di proprietà del

    soggetto che l’ha realizzata, giacché in base ai principi civilistici accede ad un

    immobile di proprietà altrui. Di conseguenza, non può essere iscritta nel bilancio

    come bene ammortizzabile proprio del soggetto che l’ha effettuata. Tali beni, in

    quanto non ammortizzabili, non rientrano quindi nella previsione normativa di cui

    alla lettera c), comma 3, del citato articolo 30.»

    2. Evoluzione della giurisprudenza di legittimità

    Il delineato orientamento di prassi non è stato sempre confermato dalla

    Corte di cassazione. In materia di rimborso dell’eccedenza Iva detraibile, infatti,

    erano presenti due distinti filoni giurisprudenziali:

    - secondo un primo orientamento, contrario alla prassi dell’Agenzia

    delle Entrate, nei casi in cui sussisteva un nesso di strumentalità con l’attività di

    impresa o di lavoro autonomo, anche se potenziale o in prospettiva, l’esecuzione,

    da parte del contribuente, di opere di ristrutturazione e di manutenzione su beni

    detenuti in locazione ovvero in uso o in comodato, indipendentemente dalla loro

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    autonoma funzionalità o asportabilità al termine del periodo contrattualmente

    stabilito, dava diritto non solo alla detrazione dell’imposta (come poi chiarito dalle

    SS.UU. nella richiamata pronuncia n. 11533 del 2018), ma anche all’alternativo

    diritto al rimborso2;

    - altro orientamento 3 , conforme alla prassi dell’Agenzia, invece, ha

    affermato la necessità che l’IVA oggetto dell’istanza di rimborso si riferisse

    all’acquisto di un bene ammortizzabile, non riconoscendo, quindi, il diritto al

    rimborso nei casi in cui l’Iva non si riferisse a tale acquisto, bensì alla realizzazione

    di opere su beni immobili di terzi.

    Tale contrasto non ha trovato composizione4 neppure con la sentenza delle

    Sezioni Unite n. 11533 del 2018, resa unicamente in relazione al riconoscimento

    del diritto alla detrazione dell’Iva. In materia di rimborso, infatti:

    - alcune pronunce della Sezione Tributaria hanno ritenuto di poter

    estendere il principio affermato dalle Sezioni Unite in materia di detrazione anche

    al diritto al rimborso Iva, in termini di applicazione generalizzata e necessaria del

    principio di neutralità, con conseguente assenza di differenziazione tra diritto alla

    detrazione e diritto al rimborso dell’Iva, essendo tali istituti strutturalmente identici

    e, quindi, suscettibili di identico trattamento5;

    - secondo un orientamento più restrittivo, invece, la sussistenza delle

    condizioni di detrazione dell’Iva non implicava, di per sé, l’automatico


    2 Cfr. Cass. S.U. n. 11533 del 2018; conformi: Cassazione n. 23278 del 2018, n. 6022 del 2020, n. 35553
    e n. 36014 del 2021, n. 21077 del 2023.
    3 Cfr. Cassazione, n. 24779 del 2015, n. 10109 e n. 10110 del 2020, n. 23667 e n. 24518 del 2020.
    4 Cfr. Cassazione, ordinanza interlocutoria del 6 luglio 2022, n. 21346, e del 29 maggio 2023, n. 14975. 5
    Tali pronunce richiedono, quale unica condizione, la “strumentalità” dei beni interessati per il soggetto
    passivo (cfr., per tutte, Cassazione, n. 27813 del 2022; n. 215 e n. 36014 del 2021; n. 8389 del 2013).

    5
    riconoscimento del diritto al rimborso della stessa poiché il diritto al rimborso

    costituisce una facoltà di natura eccezionale, riservata al contribuente in alternativa

    all’esercizio, in via ordinaria, del diritto alla detrazione5.

    Le Sezioni Unite, recependo l’indirizzo maggioritario della Sezione

    Tributaria, hanno ribadito «l’equivalenza dei presupposti della detrazione e del

    rimborso dell’IVA.»

    I giudici di legittimità hanno parificato sul piano sostanziale “detrazione” e

    “rimborso” e hanno chiarito che, all’espressione «acquisto ... di beni

    ammortizzabili», utilizzata dal legislatore IVA interno (articolo 30, comma 2 , lett.

    c), d.P.R. n. 633 del 1972), «va attribuito il significato - lato - di disponibilità di

    tali beni in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la

    detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo (quale appunto è, di

    norma, non solo quello derivante dall’acquisizione della proprietà ovvero di un

    diritto reale, ma anche da un contratto di locazione/comodato), ferma in ogni caso

    la necessaria “strumentalità” dei beni stessi all’esercizio dell’impresa (che

    comunque è presupposto generale della detraibilità dell’IVA ex art. 19, comma 1,

    DPR n. 633/1972)» e che «l’applicazione della disposizione legislativa de qua va

    necessariamente estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono

    comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo

    mediolungo, appunto quali ‘investimenti’ (beni strumentali)», ovvero con

    «riferimento alla nozione -ampia e sostanzialmente economica- di ‘beni di

    investimento.’»

    Più specificamente, le Sezioni Unite hanno rimarcato che «il concetto di

    ‘bene ammortizzabile’ non può essere correttamente inteso nel contesto giuridico

    dell’IVA con riferimento alle previsioni normative in materia di imposte dirette

    (artt. 102, 103, dPR 917/1986) e nemmeno risultano ermeneuticamente

    dirimenti le disposizioni sul bilancio contenute nel codice civile ovvero i principi


    5 Cfr. Cassazione, n. 23667 e n. 24518 del 2020; n. 24779/2015; successivamente all’ordinanza di
    rimessione, 19 luglio 2023, n. 21228.

    6
    contabili. Piuttosto bisogna fare riferimento alla nozione - ampia e

    sostanzialmente economica - di “beni di investimento” che è quella utilizzata nella

    direttiva ‘rifusa’ (artt. 174, comma 2, lett. a) e comma 3, 188, comma 1, secondo

    periodo, e comma 2, 189, lett. a), 190, direttiva 2006/112/CEE) e che quindi risulta

    essere l’unico parametro al quale un’interpretazione ‘conforme’ deve affidarsi.»

    Così definiti i beni ammortizzabili nel perimetro dell’articolo 30, comma 2,

    lett. c), d.P.R. n. 633 del 1972 e in relazione al diritto al rimborso dell’IVA assolta

    dal soggetto passivo per “l’esecuzione di opere” su beni di terzi di cui abbia la

    detenzione, appare chiaro che l’applicazione della suddetta disposizione legislativa

    nazionale «deve necessariamente essere estesa ai beni che, pur stricto sensu non

    ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un

    periodo di tempo medio-lungo, appunto quali ‘investimenti’ (beni strumentali).»

    3. Indicazioni di prassi e gestione dei procedimenti pendenti

    In considerazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 13162 del 2024 e

    della successiva pronuncia della Sezione tributaria, n. 32345 del 2024, le

    indicazioni fornite al richiamato paragrafo 3 della risoluzione n. 179/E/ del 2005

    sono da ritenersi non più attuali, con la conseguenza che l’esercente attività

    d’impresa o di lavoro autonomo ha diritto, al ricorrere di tutti gli altri requisiti

    richiesti dalla normativa, al rimborso dell’IVA per i lavori di miglioramento,

    trasformazione o ampliamento dei beni dei quali ha disponibilità in virtù di un

    titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la detenzione per un periodo

    di tempo apprezzabilmente lungo (quale appunto è, di norma, non solo quello

    derivante dall’acquisizione della proprietà ovvero di un diritto reale, ma anche da

    un contratto di locazione/comodato), ferma restando, in ogni caso, la

    ‘strumentalità’ dei beni stessi all’esercizio dell’impresa (presupposto generale

    della detraibilità dell’IVA ex articolo 19, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972) per un

    periodo di tempo medio-lungo, appunto quali ‘investimenti’ che richiedono cioè

    un impiego di risorse finanziarie non contabilizzabile come costo di un singolo

    esercizio.

    7

    ***

    Le Direzioni regionali vigileranno affinché i chiarimenti forniti e i principi

    enunciati con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle

    Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.



    IL DIRETTORE CENTRALE
    (firmato digitalmente)

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