• Risoluzione Agenzia Entrate n. 75/E del 21.12.2023

  • Risoluzione Agenzia Entrate n. 75/E del 21.12.2023

  • RISOLUZIONE N. 75

    Divisione Contribuenti
    Direzione Centrale Persone fisiche, lavoratori

    autonomi ed enti non commerciali
    Roma, 21/12/2023



    OGGETTO: Enti filantropici di cui all'articolo 37 del del decreto legislativo 3 luglio
    2017, n. 117 (Codice del Terzo settore) – qualificazione dell'attività di
    erogazione di denaro, beni o servizi, anche di investimento – applicazione
    dell'articolo 84, commi 2 e 2–bis, del Codice del Terzo settore




    Con l'istanza specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

    QUESITO

    L'Associazione Istante rappresenta gli interessi degli Enti Filantropici, rientranti
    tra gli enti del Terzo settore (ETS) ai sensi dell'articolo 37 e seguenti del decreto
    legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore, di seguito ''CTS'' o ''Codice'').

    In base al citato articolo 37, l'Ente Filantropico è costituito «in forma di
    associazione riconosciuta o di fondazione al fine di erogare denaro, beni o servizi, anche
    di investimento, a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse
    generale».

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    L'Associazione rappresenta che, in base a tale disposizione, l'Ente Filantropico
    non svolgerebbe in via specifica alcuna delle «attività di interesse generale» di cui
    all'articolo 5 del CTS ma esercita, «gratuitamente», «un'attività che le ricomprende tutte,
    sostenendo dette attività e anche enti che le perseguono»
    .

    Più precisamente, ad avviso dell'Associazione, l'Ente Filantropico può sostenere
    «persone svantaggiate», altri ETS, enti pubblici o altri enti, che svolgano «attività di
    interesse generale»
    , senza scopi lucrativi.

    Nella sostanza, pertanto, l'Ente Filantropico può sostenere tutte le attività previste
    dall'articolo 5 del CTS svolte da soggetti che non abbiano finalità di interesse privato,
    «ricomprendendosi anche le persone fisiche quando ad esempio siano destinatarie di
    assegni di ricerca o di altre forme di supporto per svolgere attività di carattere culturale,
    educativo, artistico, ecc.»
    . In particolare, la predetta attività di sostegno può essere svolta
    attraverso:

    ­ «erogazione di denaro, che rappresenta la forma tradizionale e più diffusa
    di intervento?

    ­ erogazione di beni, di varia natura: dai beni alimentari ed emergenziali in
    contesti e situazioni critiche, ai beni mobili (ad esempio i presidi sanitari e tutti gli altri
    beni emergenziali distribuiti durante il lockdown) ed anche immobili?

    ­ erogazione di servizi, anche questi in varie forme, ma sempre in forma
    gratuita: da quelli di natura sociale, sanitaria, abitativa, educativa, erogati a sostegno
    di persone svantaggiate, a quelli di consulenza e supporto erogati a Ets o enti pubblici?

    ­ erogazione di denaro, beni e servizi di investimento» (c.d. ''filantropia
    strategica''
    ).

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    Con riferimento a ciascuna tipologia di erogazione, l'Associazione ritiene che la
    previsione dell'articolo 37 del CTS attribuisca agli Enti Filantropici un ruolo di supporto
    ''generale'' alle attività di interesse generale svolte dagli ETS e, al tempo stesso, ''proprio''
    rispetto a tutti gli altri ETS che, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera u) del Codice,
    possono svolgere l'attività di interesse generale di «beneficenza, sostegno a distanza,
    cessione gratuita di alimenti o prodotti di cui alla legge 19 agosto 2016, n. 166, e
    successive modificazioni, o erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di persone
    svantaggiate o di attività di interesse generale a norma del presente articolo»
    .

    In sostanza, l'Associazione argomenta che le disposizioni contenute nel
    CTS intendono promuovere la ''filantropia strategica'' attraverso l'''investimento
    filantropico''
    , attribuendo agli Enti Filantropici un ruolo specifico, nell'ambito del Terzo
    settore, di investitori in grado di sostenere le «attività di interesse generale».

    In tal senso, gli Enti Filantropici sono «non solo erogatori di denaro a fondo
    perduto a favore dei soggetti e delle attività di cui sopra, ma anche apportatori di risorse
    sotto forma di investimento che consiste nell'erogazione di capitali, con diversi livelli
    di rischio (finanziamenti, equity, asset reali, strumenti ibridi) ed esente da attese di
    redditività in quanto filantropico, ma suscettibile di restituzione. Tale tesi è supportata
    dalla maggiore trasparenza richiesta agli Ef rispetto agli altri Ets, essendo previsto
    l'indicazione in bilancio dell'elenco e degli importi di tutti gli interventi effettuati, che
    ha caratterizzato la necessità di una disciplina specifica con obblighi di trasparenza più
    onerosi rispetto agli altri Ets, prevedendo ad esempio nell'articolo 39 del Cts l'obbligo di
    redazione del bilancio sociale che deve contenere gli importi delle erogazioni deliberate
    ed effettuate nel corso dell'esercizio, con indicazione dei beneficiari diversi dalle persone

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    fisiche. A ulteriore conferma e precisazione del quadro suesposto, l'articolo 38 del
    Cts obbliga gli Ef a precisare nello statuto i principi ai quali debbono attenersi nello
    svolgimento di ciascuna di dette attività
    ».

    In relazione alle attività di «erogazione di denaro, beni e servizi di investimento»,
    l'Associazione precisa che la stessa può consistere in «sottoscrizioni di capitale e prestiti,
    comunque senza nessuna remunerazione»
    e che possono rientrare in tale fattispecie
    anche i cosiddetti «capitali di capacitazione erogati con le medesime modalità a persone
    appartenenti a categorie svantaggiate»
    .

    Ciò posto con riferimento al descritto quadro giuridico ed operativo, della realtà
    degli Enti Filantropici, l'Associazione chiede:

    1. se l'attività di filantropia realizzata attraverso l'''erogazione di denaro, beni e
    servizi di investimento''
    (cd. ''filantropia strategia''), in quanto attività istituzionale ai
    sensi del predetto articolo 37 del CTS, si qualifichi quale attività non commerciale ai
    fini fiscali?

    2. se l'articolo 84, comma 2­bis, del CTS, si applichi anche ai redditi
    derivanti dalla gestione del patrimonio immobiliare con strutture dedicate, attraverso la
    quale l'Ente Filantropico si sostiene e si procura i proventi conseguiti da reinvestire.

    SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA

    L'Associazione ritiene che la commercialità dell'attività degli Enti Filantropici
    va valutata in base all'articolo 55 del decreto del Presidente della Repubblica 22
    dicembre 1986, n. 917 (Tuir) e che, pertanto, sussiste la condizione di non commercialità
    in quanto l'attività svolta deve essere, per la natura stessa degli Enti Filantropici,

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    gratuita. Conseguentemente, in caso di assenza di qualsiasi remunerazione relativa
    all'investimento effettuato, «a fronte del quale non potranno essere riconosciuti interessi,
    commissioni o rivalutazioni, ma per il quale potrà essere previsto esclusivamente il
    rimborso al valore nominale dei mezzi finanziari apportati»
    , detta attività non configura
    attività commerciale.

    Con riguardo al secondo quesito, l'Associazione osserva che, in relazione alle
    fonti di finanziamento, l'articolo 38 del CTS prevede che l'Ente Filantropico possa
    trarre risorse economiche anche da rendite patrimoniali. In particolare, il comma 2­bis
    dell'articolo 84 del CTS estende agli Enti Filantropici l'esenzione prevista al comma 2
    (come modificato dall'articolo 26 del decreto legge del 21 giugno 2022, n. 73, convertito
    con modificazioni dalla legge 4 agosto 2022, n. 122) secondo cui «I redditi degli
    immobili, destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte
    delle organizzazioni di volontariato, sono esenti dall'imposta sul reddito delle società».

    Al riguardo, la relazione illustrativa al decreto legge n. 73 del 2022 precisa
    che il vincolo della destinazione allo svolgimento delle attività non commerciali va
    inteso come riferito non agli immobili, quanto piuttosto al reddito dei destinatari.
    Tale condizione, secondo l'Associazione, risulta naturalmente avverata per l'Ente
    Filantropico
    , posto che, ai sensi dell'articolo 38 del CTS, qualsiasi forma di entrata, ivi
    compresi i proventi rivenienti dal patrimonio immobiliare, deve essere destinata in via
    esclusiva e diretta alla realizzazione delle finalità filantropiche dell'ente, in nessun caso
    riconducibili ad attività commerciali. Coerentemente con la ratio legis, l'Istante ritiene
    che la disposizione recata al citato articolo 84, comma 2, del CTS, come modificato
    dall'articolo 26 del decreto legge n. 73 del 2022, in via di principio, possa applicarsi ai

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    proventi derivanti dal patrimonio immobiliare (come nel caso di immobili ricevuti per
    lasciti e donazioni), anche in presenza di una gestione del patrimonio immobiliare con
    strutture dedicate, attraverso la quale l'ente si sostiene e si procura i proventi conseguiti
    da reinvestire, nei limiti del reinvestimento effettivo, per le finalità filantropiche.

    PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

    Con il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (pubblicato nella Gazzetta
    Ufficiale del 2 agosto 2017, n. 179, S.O.) è stato approvato, in attuazione dell'articolo 1,
    comma 2, lettera b) della legge 6 giugno 2016, n. 106, il ''Codice del Terzo Settore'' (di
    seguito anche ''CTS'' o ''Codice'') che «al fine di sostenere l'autonoma iniziativa dei
    cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad
    elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale»
    provvede «al
    riordino e alla revisione organica della disciplina vigente in materia di enti del Terzo
    settore»
    (cfr. articolo 1 del CTS).

    L'articolo 3 del Codice prevede che «Le disposizioni del presente Codice si
    applicano, ove non derogate ed in quanto compatibili, anche alle categorie di enti del
    Terzo settore che hanno una disciplina particolare»
    (cfr. comma 1) e che «Per quanto
    non previsto dal presente Codice, agli enti del Terzo settore si applicano, in quanto
    compatibili, le norme del Codice civile e le relative disposizioni di attuazione»
    (cfr.
    comma 2).

    L'articolo 4 dispone che sono enti del Terzo settore (ETS) «le organizzazioni
    di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese
    sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso,

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    le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere
    privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro,
    di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via
    esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione
    volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di
    produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo
    settore»
    .

    L'articolo 5 prevede che gli ETS «diversi dalle imprese sociali incluse le
    cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse
    generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e
    di utilità sociale. Si considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme
    particolari che ne disciplinano l'esercizio, le attività aventi ad oggetto»
    quelle indicate
    alle lettere da a) a z).

    Ai sensi del citato articolo 4 del Codice, ai fini della qualifica di ETS, assume
    effetto costitutivo l'iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS),
    disciplinato all'articolo 45 del CTS e dal successivo articolo 46 che, in merito alla
    struttura del Registro, dispone che esso si articola nelle diverse sezioni dedicate alle
    diverse categorie di ETS:

    «a) Organizzazioni di volontariato?

    b) Associazioni di promozione sociale?

    c) Enti filantropici?

    d) Imprese sociali, incluse le cooperative sociali?

    e) Reti associative?

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    f) Società di mutuo soccorso?

    g) Altri enti del Terzo settore».

    Con il decreto direttoriale 26 ottobre 2021, n. 561, il Ministero del Lavoro e
    delle politiche sociali ha disposto l'avvio dell'operatività del RUNTS, a far data dal 23
    novembre 2021.

    Il regime fiscale degli ETS è disciplinato dal Titolo X del Codice. In particolare,
    l'articolo 79 dispone che «agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si
    applicano le disposizioni di cui al presente titolo nonché le norme del titolo II del testo
    unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica
    22 dicembre 1986, n. 917, in quanto compatibili».

    L'articolo 104, comma 2, del Codice prevede «Le disposizioni del titolo X, salvo
    quanto previsto dal comma 1, si applicano agli enti iscritti nel Registro unico nazionale
    del Terzo settore a decorrere dal periodo di imposta successivo all'autorizzazione della
    Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10, e, comunque, non prima
    del periodo di imposta successivo di operatività del predetto Registro»
    , previsione
    che subordina l'applicabilità delle norme fiscali all'autorizzazione della Commissione
    europea, ad oggi non pervenuta. Tuttavia, ai sensi del comma 1 dell'articolo 104, talune
    disposizioni di carattere fiscale sono applicabili in via transitoria alla generalità degli
    ETS iscritti al RUNTS, a decorrere dalla data di avvio dell'operatività di detto Registro.

    Tra gli ETS indicati dall'articolo 4 sopracitato rientrano espressamente gli Enti
    Filantropici
    in relazione ai quali il Codice prevede una disciplina specifica agli articoli
    da 37 a 39 del Titolo V, con riferimento a «particolari categorie di enti del Terzo settore».

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    Per detti Enti, come già rilevato, è prevista una specifica sezione all'interno del RUNTS,
    ai sensi dell'articolo 46, comma 1, lettera c), del Codice.

    In particolare, l'articolo 37 (rubricato «Enti filantropici») dispone che «Gli enti
    filantropici sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione riconosciuta o
    di fondazione al fine di erogare denaro, beni o servizi, anche di investimento, a sostegno
    di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse generale»
    (cfr. comma 1).

    Il successivo articolo 38 prevede che:

    ­ «Gli enti filantropici traggono le risorse economiche necessarie
    allo svolgimento della propria attività principalmente da contributi pubblici e privati,
    donazioni e lasciti testamentari, rendite patrimoniali ed attività di raccolta fondi»
    (cfr.
    comma 1)?

    ­ «Gli atti costitutivi degli enti filantropici indicano i principi ai quali essi
    devono attenersi in merito alla gestione del patrimonio, alla raccolta di fondi e risorse
    in genere, alla destinazione, alle modalità di erogazione di denaro, beni o servizi, anche
    di investimento a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse
    generale»
    (cfr. comma 2).

    In base all'articolo 39, infine, «Il bilancio sociale degli enti filantropici deve
    contenere l'elenco e gli importi delle erogazioni deliberate ed effettuate nel corso
    dell'esercizio, con l'indicazione dei beneficiari diversi dalle persone fisiche»
    .

    Al riguardo, sentito il competente Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
    si rileva come la disposizione contenuta nel richiamato articolo 37, secondo cui gli
    Enti Filantropici svolgono un'attività erogativa di «denaro, beni o servizi, anche di
    investimento, a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse

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    generale», non introduce un'ulteriore tipologia di attività di interesse generale rispetto
    a quelle elencate nell'articolo 5, comma 1 del Codice, essendo l'oggetto sociale tipico
    dell'ente filantropico rinvenibile nella lettera u) del citato articolo 5, comma 1, per cui
    costituisce attività di interesse generale l'«erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno
    di persone svantaggiate o di attività di interesse generale a norma del presente articolo».

    Più precisamente, la previsione relativa all'erogazione di «servizi di
    investimento»
    , contenuta all'articolo 37, rappresenta una specificazione di quella
    generale prevista alla lettera u) dell'articolo 5, comma 1.

    In altri termini, secondo il citato Ministero «muovendo dal criterio di specialità
    enunciato all'articolo 3, comma 1 del Codice, secondo il quale la disciplina particolare
    di una categoria di ETS prevale sulla disciplina generale dell'ETS, che tuttavia si applica
    anche agli ETS tipici ove non derogata dalla loro disciplina particolare ed in quanto
    compatibile con quest'ultima, si deve concludere che solo gli Enti Filantropici, tra gli
    ETS, possono erogare servizi di investimento
    ».

    Con riguardo all'oggetto dell'attività, in base alle disposizioni del Codice emerge
    che essa può avere sia natura ''erogativa'' (con riguardo ai beni e ai servizi) sia natura
    ''operativa'' (con riguardo ai servizi).

    L'attività erogativa di sostegno medesima, inoltre, presenta una dimensione
    ''soggettiva'', in quanto deve essere diretta a sostenere determinati soggetti appartenenti
    a categorie di persone svantaggiate, ovvero ''oggettiva'', in quanto diretta a sostenere le
    attività di interesse generale.

    Al riguardo, si ritiene che l'individuazione dei destinatari dell'attività rispondente
    alla finalità di sostegno (soggettiva) può essere compiuta applicando il criterio direttivo

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    di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), della legge delega 6 giugno 2016, n. 106, in modo
    far coincidere la platea dei destinatari con la categoria presente nell'articolo 10, comma 2,
    lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, ovvero «persone svantaggiate
    in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari»
    .

    Conformemente alla previsione contenuta nell'articolo 38, comma 2, gli atti
    costitutivi o gli statuti degli enti filantropici dovranno richiamare espressamente,
    nell'ambito della sopra citata lettera u) dell'articolo 5 del Codice, il riferimento al
    sostegno, individuando quindi le categorie di persone svantaggiate o le attività di
    interesse generale che l'ente si propone di sostenere.

    Sotto il profilo oggettivo, l'attività di sostegno potrà riguardare una o più attività
    di interesse generale tra quelle indicate all'articolo 5 del Codice, poste in essere da enti
    non lucrativi: in tale prospettiva, essa potrà essere rivolta agli ETS, agli altri enti senza
    scopo di lucro e agli enti pubblici.

    Resta fermo che l'attività posta in essere dall'Ente Filantropico deve
    caratterizzarsi per l'assenza di corrispettività, anche sotto forma di ''incremento
    patrimoniale
    '' per il medesimo Ente Filantropico, secondo quanto precisato del predetto
    Ministero.

    Con riferimento all'attività svolta degli Enti Filantropici, l'Associazione prospetta
    che essi, in coerenza con la finalità di sostegno delle attività di interesse generale
    perseguite dal legislatore, possono effettuare non solo erogazioni di denaro a fondo
    perduto a favore delle persone svantaggiate o delle attività di interesse generale,
    ma altresì effettuare investimenti attraverso la sottoscrizione di capitali e prestiti,
    senza alcuna forma di remunerazione, per i quali potrà essere prevista esclusivamente

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    la restituzione dei mezzi finanziari apportati, nel rispetto, pertanto, della gratuità
    (intesa come assenza di qualsiasi margine di surplus finanziario). Tale aspetto, infatti,
    caratterizza proprio l'attività degli Enti Filantropici.

    Al riguardo, si deve ritenere che le attività sopra descritte siano compatibili
    con il dettato normativo allorquando si configurino come prestiti infruttiferi, per loro
    natura gratuiti, che prevedono esclusivamente la restituzione della sorte capitale. In
    tale categoria possono rientrare i cd. ''capitali di capacitazione'', erogati a persone
    appartenenti a categorie svantaggiate.

    Resta comunque esclusa la possibilità per l'Ente Filantropico di svolgere attività
    di microcredito, ai sensi del decreto ministeriale 17 ottobre 2014, n. 176, in quanto essa
    non è ricompresa nell'elenco di cui all'articolo 5 del Codice, potendo essere viceversa
    esercitata dalle imprese sociali, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera s), del decreto
    legislativo 3 luglio 2017, n. 112.

    Con riguardo al regime fiscale degli ETS in generale e di quelli rientranti in
    specifiche categorie, come precisato, lo stesso è disciplinato dal Titolo X del CTS.

    Tra le disposizioni del Titolo X, l'articolo 79 detta disposizioni in materia di
    imposte sui redditi degli ETS, stabilendo le condizioni che consentono di qualificare
    come non commerciali le attività di interesse generale svolte dagli ETS.

    Come detto, tale disposizione figura tra le norme la cui efficacia è subordinata,
    ai sensi del citato articolo 104, comma 2, all'autorizzazione della Commissione europea.
    Non essendo detta autorizzazione ad oggi pervenuta, come detto, le disposizioni di cui al
    Titolo X del Codice devono ritenersi in generale non applicabili, con esclusione di norme
    specifiche dello stesso Titolo X per le quali è stato previsto fin dall'entrata in vigore del

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    Codice, un regime di applicabilità transitorio, ai sensi del citato articolo 104, comma 1.
    Tra dette norme specifiche figura l'articolo 84, comma 2, di cui si dirà più avanti.

    Tenuto conto che l'articolo 79 non è ancora applicabile, ai fini della qualificazione
    della natura ''non commerciale'' degli Enti Filantropici occorre, dunque, fare riferimento
    alle norme del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir)
    relative al regime fiscale degli enti non commerciali.

    Al riguardo, si osserva che i soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società
    sono indicati dall'articolo 73, comma 1, del Tuir, che individua, tra gli altri, alla lettera b)
    «gli enti pubblici e privati diversi dalle società, (...) residenti nel territorio dello Stato,
    che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali»
    e alla
    lettera c) «gli enti pubblici e privati diversi dalle società, (...) residenti nel territorio
    dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività
    commerciali»
    .

    Per gli enti commerciali residenti di cui al citato articolo 73, comma 1, lettera b),
    del Tuir, il reddito complessivo è considerato, ai sensi dell'articolo 81 del citato testo
    unico, reddito di impresa da qualsiasi fonte provenga. Infatti, a quest'ultima categoria
    reddituale, definita dall'articolo 55 del Tuir, vengono attratti i redditi, da qualsiasi fonte
    provengano, posseduti dagli enti commerciali.

    Per gli enti non commerciali di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del Tuir
    il reddito complessivo è, invece, costituito, ai sensi del successivo articolo 143, comma
    1, dalla somma dei redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e
    quale ne sia la destinazione. Pertanto, per gli enti non commerciali, i redditi di impresa

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    si configurano come una delle categorie reddituali che concorrono a formare il reddito
    complessivo da assoggettare ad imposta.

    Ai sensi del comma 4 dell'articolo 73 sopra richiamato, l'«oggetto esclusivo o
    principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o
    allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata
    o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare
    direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto»
    .

    Ai fini della qualificazione tributaria di un ente come commerciale o non
    commerciale, rilevano, quindi, i criteri dettati dall'articolo 73 del Tuir, in base ai quali
    un ente si considera come non commerciale quando non ha come oggetto esclusivo o
    principale lo svolgimento di un'attività commerciale, intendendo per oggetto esclusivo
    o principale, l'attività essenziale svolta per realizzare direttamente gli scopi primari
    dell'ente così come indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto.

    Ai fini dell'individuazione della natura tributaria dell'ente, pertanto, rileva il
    carattere commerciale o non commerciale dell'attività essenziale per la realizzazione
    degli scopi statutari.

    La commercialità o meno di un'attività è determinata in base a parametri oggettivi
    che prescindono dalle motivazioni del soggetto che la pone in essere. Tali parametri
    sono enunciati dalle disposizioni recate, agli effetti delle imposte sui redditi, dall'articolo
    55 del Tuir che disciplina i redditi che derivano dall'esercizio di imprese commerciali.
    Ai sensi di tale norma, si intende per esercizio di imprese commerciali l'esercizio per
    professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali di cui all'articolo
    2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l'esercizio

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    di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non
    rientrano nell'articolo 2195 del codice civile.

    In sostanza, la qualificazione commerciale ai fini fiscali dell'attività svolta deve
    essere operata verificando se l'attività possa ricondursi fra quelle previste dall'articolo
    2195 del codice civile ovvero, qualora consista nella prestazione di servizi non
    riconducibili al citato articolo 2195, se la stessa venga svolta con organizzazione in forma
    di impresa.

    Nessun rilievo assume, invece, ai fini della qualificazione dell'ente non
    commerciale, la natura, pubblica o privata, del soggetto, la rilevanza sociale delle finalità
    perseguite, l'assenza del fine di lucro o la destinazione dei risultati (cfr. circolare n. 124/
    E del 12 maggio 1998).

    Nell'ambito delle norme relative alla determinazione del reddito degli enti non
    commerciali, l'articolo 143, comma 1, secondo periodo, del Tuir stabilisce che per gli enti
    non commerciali «non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non
    rientranti nell'articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali
    dell'ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non
    eccedono i costi di diretta imputazione»
    .

    La norma dell'articolo 149 contiene una presunzione legale di perdita della
    qualifica di ente non commerciale, qualora, indipendentemente dalle previsioni
    statutarie, l'ente eserciti quale attività principale un'attività commerciale, ai sensi
    dell'articolo 55 del Tuir.

    La qualifica di ente non commerciale, impressa dalla legge, dall'atto costitutivo
    o dallo statuto, che consente all'ente di fruire della disciplina degli enti non commerciali

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    su base dichiarativa, va verificata, pertanto, prendendo comunque in esame l'attività
    effettivamente svolta.

    Ai fini della qualificazione come ''non commerciale'' dell'attività svolta dagli
    Enti Filantropici, si osserva primariamente che, ferma la competenza del Ministero del
    Lavoro e delle politiche sociali, essa, come chiarito sopra, appare sostanziarsi nell'attività
    di interesse generale di cui, all'articolo 5, comma 1, lettera u) del CTS, più specificamente
    individuata, ai sensi dell'articolo 37, nell'erogazione di «denaro, beni o servizi, anche
    di investimento»
    a sostegno di «categorie di persone svantaggiate» o di «di attività di
    interesse generale»
    .

    L'effettuazione di tale attività a titolo gratuito, ovvero in assenza di
    controprestazioni o corrispettivi a carico dei beneficiari, rappresenta un indice di non
    commercialità ai fini della qualificazione dell'attività ''non commerciale''.

    Ad analoghe conclusioni si perviene in relazione all'attività erogativa costituita
    dalla concessione, a vario titolo, di prestiti di denaro nei riguardi di beneficiari tenuti
    alla restituzione del solo capitale, qualora detta attività venga effettuata senza addebito
    di interessi, o di altri importi a titolo di commissioni comunque denominate, a carico
    dei beneficiari.

    Resta fermo che, ai fini della qualificazione ai fini fiscali dell'attività degli Enti
    Filantropici
    , le concrete modalità organizzative relative all'attività nel concreto posta
    in opera devono essere osservate attraverso accertamenti di fatto e non possono essere
    verificate in questa sede.

    In relazione a specifiche norme fiscali del CTS applicabili solo a determinate
    categorie di ETS, l'articolo 84, nella versione in vigore a seguito delle modifiche operate

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    dall'articolo 26, comma 1, lettera d), del decreto legge del 21 giugno 2022, n. 73
    (decreto Semplificazioni), convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2022, n.
    122, prevede:

    ­ al comma 2, che «I redditi degli immobili, destinati in via esclusiva allo
    svolgimento di attività non commerciale da parte delle organizzazioni di volontariato,
    sono esenti dall'imposta sul reddito delle società»
    ?

    ­ al comma 2­bis, che «La disposizione di cui al comma 2 si applica anche
    agli enti filantropici»
    .

    La disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 84 (seppur inserita nel Titolo X del
    CTS) rientra, come illustrato, tra quelle per le quali non opera la inapplicabilità generale,
    essendo previsto un regime di applicabilità transitorio.

    Tale disposizione, pertanto, è applicabile in via transitoria fin dal 1° gennaio 2018
    per le Organizzazioni di Volontariato (ODV) iscritte nei registri di cui alla legge 11 agosto
    1991, n. 266, migrate a partire dal 23 novembre 2021 nel RUNTS, nella sezione a loro
    dedicata, ai sensi dell'articolo 54 del CTS e dell'articolo 30 del decreto ministeriale del
    15 settembre 2020, n. 106.

    Tale agevolazione è stata estesa, con il comma 2­bis, anche agli Enti Filantropici,
    ad opera del citato articolo 26 del decreto Semplificazioni.

    Con l'articolo 26, comma 1, lettera i), del decreto Semplificazioni, inoltre, è stato
    introdotto un secondo periodo all'articolo 104, comma 1, del CTS, prevedendo che
    «Le disposizioni richiamate al primo periodo si applicano, a decorrere dall'operatività
    del Registro unico nazionale del Terzo settore, agli enti del Terzo settore iscritti nel

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    medesimo Registro», di fatto ampliando la platea dei soggetti interessati dal regime
    transitorio.

    Con tale disposizione è stata prevista in sostanza l'applicabilità in via transitoria
    delle norme del CTS di cui all'articolo 104, comma 1, oltre che alle ONLUS, anche agli
    ETS iscritti al RUNTS.

    Ciò comporta che per gli ETS iscritti al RUNTS con la qualifica di ODV trovi
    piena applicazione, nel periodo transitorio, l'articolo 84, comma 2, del CTS.

    Considerato che il comma 2­bis non introduce una nuova agevolazione, ma
    estende agli Enti Filantropici quella disposta dal precedente comma 2, si ritiene che
    anche per gli ETS iscritti al RUNTS con la qualifica di Enti Filantropici possa trovare
    applicazione, nel periodo transitorio, l'esenzione disposta dall'articolo 84, comma 2.

    Con riguardo alla specifica disposizione di cui all'articolo 84, comma 2, del
    CTS, applicabile, come chiarito, a tutti gli Enti Filantropici che si iscrivono al
    RUNTS, si osserva che la modifica introdotta alla norma agevolativa citata dal decreto
    Semplificazioni
    ha riguardato, in particolare, la riformulazione del testo originario.

    Tale riformulazione ha inteso rendere esplicito nel testo della previsione
    agevolativa che devono essere considerati esenti da Ires i redditi che le ODV, e quindi
    anche gli Enti Filantropici, in forza come chiarito del rinvio operato dal comma 2­bis
    dell'articolo 84, traggono dagli immobili, a condizione che detti redditi vengano destinati
    allo svolgimento di attività non commerciali.

    Al riguardo, si ritiene che rientrano nell'esenzione i redditi derivanti dalla gestione
    degli immobili, inclusa la locazione, a condizione che non siano inseriti in un ''contesto

    Pagina 19 di 19

    produttivo'' ma siano posseduti al mero scopo di trarne redditi di natura fondiaria,
    destinati al sostegno delle finalità istituzionali proprie dell'Ente Filantropico e, non sia
    configurabile, nell'attività di gestione, un'attività organizzata in forma d'impresa.

    Si ritiene, infatti, che non possano rientrare nel campo di applicazione della
    disposizione agevolativa in esame i redditi derivanti da una gestione del patrimonio
    immobiliare effettuata in forma di impresa.

    Il presente parere è reso previa condivisione con il Ministero del Lavoro e delle
    Politiche Sociali, cui si rinvia per gli aspetti di competenza.

    Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni
    fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni
    provinciali e dagli Uffici dipendenti.




    LA DIRETTRICE CENTRALE
    (firmato digitalmente)

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