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Prescrizione dei contributi INPS per le gestioni ex INPDAP: analisi aggiornata tra normativa, prassi e giurisprudenza
a cura di: Dott. Francesco Confalonieri
L’applicazione della prescrizione ai contributi previdenziali dovuti dalle pubbliche amministrazioni, in particolare per le gestioni ex INPDAP, è oggetto di numerose proroghe e continui chiarimenti da parte dell’INPS. In questo articolo analizziamo l’evoluzione normativa e giurisprudenziale sul tema, con particolare riferimento ai contributi risalenti agli anni ’90, per comprendere se oggi possano considerarsi effettivamente prescritti.
La questione della prescrizione dei contributi previdenziali per i dipendenti pubblici continua a generare incertezza, soprattutto quando si ha a che fare con irregolarità contributive riferite a periodi molto lontani nel tempo. La domanda che ci si pone è se tali contributi possano considerarsi oggi, a distanza di diversi anni, definitivamente prescritti. Per rispondere, è necessario ricostruire con attenzione l’evoluzione normativa, le circolari INPS e i più recenti orientamenti giurisprudenziali.
In base all’articolo 3, comma 9, della Legge 8 agosto 1995, n. 335, i contributi obbligatori dovuti agli enti previdenziali si prescrivono in cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 1996, salvo il caso in cui intervenga denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti: in quel caso, la prescrizione rimane decennale. Per i periodi antecedenti al 1996, vigeva il termine ordinario di prescrizione decennale previsto dall’articolo 2946 del Codice Civile.
Con riferimento specifico ai dipendenti pubblici e alle gestioni ex INPDAP, il quadro si è evoluto con maggiore complessità. Con la Circolare INPS n. 169 del 15 novembre 2017, l’Istituto ha chiarito che il termine di prescrizione quinquennale si applica anche ai contributi della Gestione Dipendenti Pubblici (GDP) e della Gestione Separata, ma solo per i periodi retributivi successivi al 31 dicembre 2011. La stessa circolare, però, prendeva atto delle oggettive difficoltà degli enti pubblici nel regolarizzare le posizioni assicurative, ammettendo – di fatto – la non applicazione della prescrizione per i periodi precedenti, in attesa di una disciplina più chiara.
A partire da allora, il legislatore è intervenuto ripetutamente con norme ad hoc che hanno prorogato anno dopo anno la sospensione della prescrizione per consentire alle amministrazioni pubbliche di regolarizzare i versamenti senza incorrere in decadenze. Tali proroghe, contenute nei cosiddetti “Decreti Milleproroghe” e recepite da numerose circolari INPS (tra cui le nn. 122/2019, 28/2021, 38/2022, 39/2023 e, da ultima, la n. 70 del 27 marzo 2025), hanno progressivamente spostato in avanti il termine di inapplicabilità della prescrizione, fino a coprire – oggi – i contributi dovuti per periodi retributivi fino al 31 dicembre 2020. Per tali annualità, la prescrizione è sospesa fino al 31 dicembre 2025.
Ma cosa accade per i contributi ancora più remoti, come quelli dei primi anni ‘90? L’istituto ancora nel 2025 sta inoltrando avvisi di irregolarità e note di debito relative a contributi risalenti a tali date. Nessuna delle proroghe vigenti copre tuttavia i periodi antecedenti al 2011. In assenza di atti interruttivi della prescrizione (come la denuncia del lavoratore, diffide, accertamenti ispettivi o iscrizioni a ruolo), tali contributi, anche se non versati, risultano oggi (secondo lo scrivente) pacificamente prescritti. Non esiste alcuna norma o atto dell’Istituto che abbia disposto la sospensione della prescrizione per periodi anteriori al 2011. Di conseguenza, il termine decennale previsto dalla normativa all’epoca vigente è ampiamente decorso.
Anche la giurisprudenza è intervenuta a chiarire i confini della prescrizione. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24946 del 10 dicembre 2015, ha ribadito che in mancanza di denuncia da parte dell’assicurato, il termine di prescrizione decennale decorre ordinariamente dal momento in cui i contributi avrebbero dovuto essere versati. Questo principio è stato ribadito anche con le sentenze n. 20111/2020 e n. 888/2022, che confermano l’estinzione del diritto dell’ente previdenziale a riscuotere contributi non reclamati per oltre dieci anni, se non c’è stato alcun elemento interruttivo.
È quindi del tutto legittimo, ad oggi, eccepire la prescrizione in relazione a contributi previdenziali dovuti per rapporti di lavoro pubblico riferiti a periodi anteriori al 1995. Naturalmente, ogni posizione contributiva andrebbe esaminata nel dettaglio per verificare l’eventuale esistenza di interruzioni, atti giudiziari o segnalazioni del lavoratore che potrebbero aver mantenuto in vita il credito previdenziale.
Da consulente del lavoro, consiglio in questi casi un’analisi puntuale della posizione assicurativa e del carteggio intercorso con l’INPS. Solo in questo modo si potrà sollevare un’eccezione di prescrizione fondata, documentata e potenzialmente accoglibile anche in fase ispettiva o contenziosa.Dott. Francesco Confalonieri