Con la risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-04589 del 29 ottobre 2025, l’Agenzia Entrate ha delineato la propria posizione interpretativa in merito all’interazione tra i contributi a fondo perduto, istituiti nel contesto emergenziale Covid-19 e detassati ai sensi dell’art. 10-bis del D.L. 137/2020, e la disciplina del riporto delle perdite fiscali di cui all’art. 84 del TUIR.
L’Amministrazione Finanziaria ha stabilito che le perdite fiscali riportabili a nuovo debbano essere preventivamente ridotte dell’ammontare corrispondente ai suddetti contributi percepiti, qualificando questi ultimi come “proventi esenti” ai sensi del citato art. 84.
L’interpretazione fornita dall’Agenzia si fonda sui seguenti presupposti:
applicazione dell’art. 84 TUIR: la norma stabilisce che la perdita di un periodo d’imposta debba essere diminuita dei proventi esenti che hanno concorso alla sua formazione, salvo specifiche eccezioni; qualificazione dei contributi: l’Agenzia qualifica i contributi Covid-19, non concorrenti alla formazione del reddito imponibile per espressa previsione dell’art. 10-bis, come proventi esenti; assenza di deroga esplicita: secondo l’Amministrazione, la natura agevolativa della detassazione ex art. 10-bis impone un’interpretazione restrittiva, non suscettibile di applicazione estensiva o analogica. Pertanto, l’assenza di una deroga esplicita alla disciplina dell’art. 84 (a differenza di quanto previsto per gli artt. 61 e 109, comma 5, TUIR) confermerebbe la volontà del legislatore di applicare la riduzione delle perdite; ratio anti-elusiva: l’obiettivo, sempre secondo l’Agenzia, è evitare un “doppio beneficio” per l’impresa, consistente sia nella fruizione di un contributo non tassato sia nel riporto integrale di una perdita fiscale che, in assenza del contributo, sarebbe stata di pari importo ma in un contesto di minore liquidità.La posizione espressa dall’Agenzia Entrate è stata oggetto di immediate critiche da parte della dottrina, in quanto ritenuta giuridicamente discutibile e priva di solido fondamento normativo.
L’elemento centrale della critica risiede nell’errata qualificazione giuridica dei contributi. La dottrina e la prassi consolidata (cfr. Risoluzione 126/E/2005) distinguono nettamente tra proventi:
esenti: componenti che, pur possedendo natura reddituale, sono esclusi dalla tassazione per una specifica norma di favore (e che, ai sensi dell’art. 84, riducono le perdite);e
esclusi: somme che, per disposizione di legge, sono ab origine irrilevanti ai fini della determinazione del reddito imponibile.La norma istitutiva dei contributi (art. 10-bis D.L. 137/2020) stabilisce che tali somme «non concorrono alla formazione del reddito imponibile». Tale dicitura configura i contributi non come “esenti”, bensì come proventi esclusi dalla base imponibile.
Ne consegue che la disciplina restrittiva dell’art. 84 TUIR, riferendosi testualmente ai soli “proventi esenti”, non dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie. L’interpretazione dell’Agenzia, equiparando due categorie giuridicamente distinte, si tradurrebbe in un’applicazione analogica in malam partem di una norma (l’art. 84) che limita un beneficio (il riporto delle perdite), in contrasto con i principi generali dell’ordinamento tributario.