Il divieto di discriminazione indiretta fondata sulla disabilità, ai sensi della direttiva quadro sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, si estende anche al lavoratore che ne è vittima a causa dell’assistenza prestata ad un figlio affetto da disabilità.
Per garantire l’uguaglianza tra i dipendenti, il datore di lavoro è tenuto ad adottare condizioni di impiego e di lavoro adeguate, in particolare per quanto riguarda l’adattamento dei ritmi di lavoro e la modifica delle mansioni da svolgere, per consentire a lavoratore di occuparsi del proprio figlio senza rischiare di subire discriminazioni indirette, a condizione che tali misure non comportino un onere eccessivo per l’azienda. Di conseguenza, spetta al giudice nazionale verificare se, nel caso specifico, la richiesta del lavoratore rientri in questo limite.
Queste, un'estrema sintesi, le conclusioni a cui è giusta la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nella sentenza pubblicata l'11 settembre 2025 (causa C-38/24).