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Circolare INPS n.94 del 21.05.2025

INDICE

1. Premessa

2. Le diverse tipologie di soccida

2.1 La soccida monetizzata

3. Possibili effetti di natura previdenziale conseguenti all’utilizzo del contratto di soccida

1. Premessa

La soccida, di cui agli articoli 2170 e seguenti del codice civile, è uno strumento negoziale in uso nel settore agricolo, volto all’esercizio in comune dell’attività di allevamento, attraverso la combinazione del capitale e del lavoro, al fine di valorizzare le specifiche caratteristiche produttive delle imprese zootecniche e incrementare la produzione del bestiame[1] e dei prodotti derivati.

Il suo utilizzo ha subito nel tempo una notevole diffusione, essendo impiegato anche nell’ambito delle intese di filiera e dei contratti quadro di cui agli articoli 9 e seguenti del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102.

In tale contesto, la soccida costituisce uno schema contrattuale ricorrente che regola i rapporti di approvvigionamento tra gli allevatori e gli imprenditori non agricoli che svolgono a valle attività industriali o commerciali i quali, in veste di soccidanti, non forniscono solo all’allevatore-soccidario gli animali da allevare, ma anche i mangimi e tutti i servizi necessari affinché il prodotto finale corrisponda agli standard previsti dall’industria per la successiva macellazione, trasformazione e vendita al dettaglio delle carni tramite i canali della grande distribuzione organizzata.

L’utilizzo della soccida comporta la gestione di aspetti che hanno importanti riflessi sia sul piano tributario che su quello previdenziale e dai quali sono scaturiti contenziosi con l’Agenzia delle Entrate e l’INPS.

Tanto premesso, anche al fine di deflazionare il contenzioso previdenziale in essere e di prevenire ulteriori controversie, con la presente circolare si forniscono istruzioni volte a inquadrare gli effetti sul piano previdenziale e nei confronti delle parti contrattuali datrici di lavoro dell’esecuzione del contratto di soccida nell’economia delle imprese zootecniche e delle imprese di trasformazione a valle della filiera.

2. Le diverse tipologie di soccida

Prima di esaminare nel dettaglio i riflessi contributivi dell’utilizzo della soccida, di seguito si descrivono brevemente le varie forme contrattuali che la medesima può assumere.

L’articolo 2170 del codice civile stabilisce che: “Nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per l'allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l'esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l'accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano. L'accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel maggior valore intrinseco che il bestiame abbia al termine del contratto”.

L’incremento della consistenza degli animali, ovvero l’accrescimento realizzato alla fine del ciclo di allevamento, si divide tra le parti (come per i prodotti, gli utili e le spese) secondo le proporzioni stabilite dalla convenzione o dagli usi.

La soccida è, quindi, un contratto associativo nel quale il soggetto che dispone di capitali (il soccidante) si accorda con il soggetto che dispone invece delle competenze tecniche e delle strutture produttive, in particolare di impianti di allevamento, di attrezzature e di forza lavoro (il soccidario), al fine della produzione del bestiame e dei suoi derivati.

Nella disciplina codicistica sono previste tre tipologie di soccida:

- la soccida semplice (cfr. l’art. 2171 c.c.[2]);

- la soccida parziaria (cfr. l’art. 2182 c.c.[3]);

- la soccida con conferimento di pascolo (cfr. l’art. 2186 c.c.[4]).

I tre tipi di soccida si differenziano per lo più per la configurazione dei conferimenti, in quanto nella soccida semplice il bestiame è apportato solamente dal soccidante (senza che vi sia il trasferimento della proprietà al soccidario), mentre nella soccida parziaria il bestiame è conferito da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute; il bestiame in questo caso diventa un insieme di beni in comproprietà proporzionata ai rispettivi apporti (cfr. l’art. 2182 c.c.).

Nella soccida con conferimento di pascolo (convertita ai sensi dell’art. 25 della legge 3 maggio 1982, n. 203, in affitto di fondo rustico), che non ha natura di contratto associativo, bensì di contratto di scambio, il soccidario apporta il bestiame e ha la direzione dell’impresa, mentre il soccidante conferisce il terreno per il pascolo.

Si precisa che le disposizioni civilistiche hanno per lo più natura dispositiva, lasciando all’autonomia delle parti la possibilità di concordare le clausole contrattuali più adatte alle loro esigenze, per cui nella realtà operativa sono da tempo emersi schemi contrattuali che si discostano da quelli tipizzati nel codice civile.

2.1. La soccida monetizzata

Una variante contrattuale particolarmente diffusa nelle filiere di produzione zootecnica è la soccida monetizzata che, a differenza della forma tipica di soccida semplice o parziaria, non prevede la divisione in natura degli animali al termine del ciclo di allevamento, bensì l’acquisizione da parte del soccidante dell’intero accrescimento (previa la sua valutazione economica calcolata come la differenza tra il valore iniziale del bestiame conferito e quello risultante alla fine del ciclo) contro la liquidazione in denaro della quota spettante al soccidario. In sostanza, il soccidante acquisisce la totalità dell’accrescimento nel suo ciclo produttivo come materia prima da destinare al processo aziendale di trasformazione, o come merce che rivende direttamente a terzi per poi corrispondere parte del ricavato al soccidario, nella misura previamente concordata.

In merito all’interpretazione della natura giuridica del passaggio fisico degli animali tra le parti contrattuali nella fase costitutiva ed estintiva del contratto di soccida, si rinvia a quanto affermato nella prassi del Ministero delle Finanze (cfr. la circolare n. 32, parte VII, del 27 aprile 1973 e la circolare n. 48 del 9 febbraio 1995) e a quanto ribadito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’istanza di interpello n. 134/2024, che confermando la citata prassi e, in particolare le conclusioni della circolare n. 32/1973, riafferma quanto segue:

- il conferimento (all’inizio del ciclo) e il prelevamento (al termine del ciclo) degli animali non costituiscono atti traslativi della proprietà;

- la divisione dell'accrescimento è “un atto dichiarativo dell'acquisto originario degli stessi, che altro non sono che una fruttificazione del diritto di proprietà del bestiame oggetto del contratto di soccida”.

Nella medesima risposta all’istanza di interpello, l’Agenzia delle Entrate precisa altresì che: “Nella soccida monetizzata, le parti si accordano per la liquidazione forfetizzata e in denaro della quota di accrescimento spettante al soccidario, sicché non avviene la previa individuazione, determinazione e divisione dell'accrescimento tra soccidante e soccidario. Il soccidante preleva l'intero accrescimento, lo vende a terzi e provvede a corrispondere parte del ricavato al soccidario, nella misura previamente concordata […]”.

Quindi, mancando il momento della divisione dell’accrescimento, non avviene in capo al soccidario l’acquisto a titolo originario della propria quota. Pertanto, nell’ipotesi in cui sia il soccidante a vendere l'intero accrescimento non si realizza un passaggio di proprietà della quota dal soccidario al soccidante, ed essendo il soccidante il solo venditore degli animali allevati, la somma in denaro spettante al soccidario è corrisposta dal soccidante a titolo assegnazione della quota-parte del ricavato dalla vendita dell’accrescimento.


3. Possibili effetti di natura previdenziale conseguenti all’utilizzo del contratto di soccida

Come anticipato in premessa, la prassi applicativa della soccida ha determinato contenziosi sia con l’Agenzia delle Entrate che con l’INPS.

Con riferimento alle questioni previdenziali connesse all’utilizzo della soccida, il contenzioso si è incentrato in particolare sulla:

- legittimità della variazione di inquadramento (dalla Gestione contributiva agricola alla Gestione DM) conseguente alla perdita della natura agricola dell’impresa soccidante a seguito del venire meno della condizione della prevalenza dell’origine interna all’azienda dei prodotti utilizzati per lo svolgimento delle attività connesse;

- sussistenza delle condizioni per usufruire, da parte delle cooperative e dei relativi consorzi di cui all'articolo 2 della legge 15 giugno 1984, n. 240, che si riforniscono di bestiame da soci soccidari operanti in zone montane e svantaggiate, delle riduzioni contributive di cui al comma 5 dell'articolo 9 della legge 11 marzo 1988, n. 67[5].

Il requisito della prevalenza, a cui si riconnette l’agrarietà dell’impresa (previsto sia dal terzo comma dell’art. 2135 c.c.[6] che dal comma 2 dell’art. 1 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228[7]), o l’iscrivibilità alla gestione contributiva agricola della cooperativa o dei consorzi di cooperative di cui all’articolo 2 della legge n. 240/1984[8], si basa sulla preponderanza dei prodotti utilizzati per le attività connesse, che devono provenire in maggiore parte dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali da parte dell’imprenditore agricolo e dei soci (nel caso delle cooperative o dei consorzi di cooperative), rispetto alla quota acquistata dal mercato. Il venire meno di tale condizione si ripercuote negativamente sulla qualifica di imprenditore agricolo, con il consequenziale venire meno della sua iscrivibilità alla Gestione contributiva agricola, e nel caso delle imprese cooperative di cui all’articolo 2 della legge n. 240/1984, con identiche conseguenze in tema di inquadramento contributivo[9].

Nel corso di alcuni controlli, gli ispettori dell’INPS hanno infatti rilevato che l’acquisizione degli animali allevati mediante soccida si risolveva in un mero atto commerciale di acquisto dal mercato (cfr. l’art. 2195 c.c.), anziché nell’acquisizione di materia prima derivante dall’allevamento condotto in forma associata, facendo venire meno, in alcuni casi, il requisito della prevalenza, o determinando il venire meno delle condizioni per la corretta attribuzione delle riduzioni contributive spettanti alle cooperative di cui all’articolo 2 della legge n. 240/1984 per i conferimenti dei soci operanti nelle zone montane e svantaggiate (in particolare, per usufruire del beneficio in parola è altresì necessario che il bestiame conferito sia stato personalmente allevato dal socio; sono pertanto esclusi dal computo delle agevolazioni tutti gli animali che derivano da acquisti sul mercato da parte dei soci e successivamente conferiti alle cooperative).

Conseguentemente, si precisa che per valutare la sussistenza di un possibile impatto derivante dall’esecuzione di un contratto di soccida semplice o parziaria[10] sul requisito della prevalenza del datore di lavoro agricolo (che, come sopra precisato, può essere sia un’impresa agricola di cui all’art. 2135 c.c. sia un’impresa commerciale iscritta alla Gestione contributiva agricola ai sensi dell’art. 2 della legge n. 240/1984) occorre avere riguardo al concreto comportamento dei contraenti nel dare esecuzione al contratto, al fine di stabilire se l’acquisizione materiale del bestiame possa essere considerata di provenienza aziendale o acquistata dal mercato.

In particolare, se nella realtà operativa le parti si conformano allo schema tipico stabilito dal combinato disposto degli articoli 2181[11] e 2178[12] e dall’articolo 2184[13] del codice civile, non si ha alcun acquisto dal mercato, in quanto sia il soccidante che il soccidario tornano rispettivamente in possesso della consistenza del bestiame inizialmente conferita, mentre l’approvvigionamento scaturito dalla divisione in natura, secondo le proporzioni concordate della produzione aggiuntiva conseguita alla conclusione del contratto di soccida (o alla fine dei cicli di allevamento ricompresi nel corso della sua durata), non rappresenta un acquisto dal mercato, in quanto derivante dall’esercizio associato dell’attività di allevamento[14].

In tali casi non occorre effettuare alcuna valutazione circa il rispetto della condizione di prevalenza con riguardo all’acquisizione di tale produzione da parte del soccidante e del soccidario, poiché la stessa deve essere considerata realizzata nell’ambito dei rispettivi cicli aziendali di produzione.

Il medesimo principio deve essere applicato con riferimento all’attribuibilità alla cooperativa-soccidante di cui all’articolo 2 della legge n. 240/1984 delle riduzioni contributive per zone montane e svantaggiate con riferimento a quella parte di bestiame acquisita dopo la divisione dell’accrescimento effettuato in base alle proporzioni concordate nel contratto di soccida.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, nel caso della soccida monetizzata, l’acquisizione da parte del soccidante degli animali spettanti al soccidario quale quota dell’accrescimento conseguito non deve essere considerato acquisto sul mercato e quindi:

- è irrilevante al fine della valutazione della sussistenza o permanenza del requisito di prevalenza;

- non fa venire meno l’attribuibilità alla cooperativa di cui all’articolo 2 della legge n. 240/1984 delle riduzioni per zone montane e svantaggiate con riferimento alla parte del bestiame che non è stato oggetto di successiva rivendita[15].

Tanto rappresentato, le Strutture territoriali dell’Istituto avranno cura di riesaminare i contenziosi in essere in materia di soccida alla luce dei principi sopra delineati procedendo in autotutela, a seconda dei casi, all’annullamento o alla riforma dei provvedimenti di inquadramento o di recupero dei benefici illegittimi.

Il Direttore Generale

Valeria Vittimberga


[1] Per bestiame, ai fini della presente circolare, si intende l’insieme degli animali allevati nelle aziende agricole, ossia bestiame grosso (bovini, equini, ecc.), bestiame minuto (ovini, caprini, suini) e bestiame da cortile (conigli, volatili, ecc.).

[2] Articolo 2171 del codice civile: “Nella soccida semplice il bestiame è conferito dal soccidante. La stima del bestiame all'inizio del contratto non ne trasferisce la proprietà al soccidario. La stima deve indicare il numero, la razza, la qualità, il sesso, il peso e l'età del bestiame e il relativo prezzo di mercato. La stima serve di base per determinare il prelevamento a cui ha diritto il soccidante alla fine del contratto, a norma dell'articolo 2181”.

[3] Articolo 2182 del codice civile: “Nella soccida parziaria il bestiame è conferito da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute. Essi divengono comproprietari del bestiame in proporzione del rispettivo conferimento”.

[4] Articolo 2186 del codice civile: “Si ha rapporto di soccida anche quando il bestiame è conferito dal soccidario e il soccidante conferisce il terreno per il pascolo. In tal caso il soccidario ha la direzione dell'impresa e al soccidante spetta il controllo della gestione. Si osservano inoltre le disposizioni dell'articolo 2184 e, in quanto applicabili, quelle dettate per la soccida semplice”.

[5] Articolo 32, comma 7-ter, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98: “Il comma 5 dell'articolo 9 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che il pagamento dei contributi previdenziali e assicurativi in misura ridotta è riconosciuto anche alle cooperative e relativi consorzi di cui al comma 1 dell'articolo 2 della legge 15 giugno 1984, n. 240, non operanti in zone svantaggiate o di montagna, in misura proporzionale alla quantità di prodotto coltivato o allevato dai propri soci, anche avvalendosi di contratti agrari di natura associativa di cui al libro V, titolo II, capo II, del codice civile, in zone di montagna o svantaggiate e successivamente conferito alla cooperativa. Non si dà luogo alla ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente disposizione”.

[6] Articolo 2135, terzo comma, del codice civile: “Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

[7] Articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 228/2001: “Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2135, terzo comma, del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico”.

[8] Articolo 1 della legge n. 240/1984: “Ai fini dell'applicazione delle norme sulle assicurazioni sociali obbligatorie e sugli assegni familiari, le imprese cooperative e loro consorzi, che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici propri o dei loro soci ricavati dalla coltivazione dei fondi, dalla silvicoltura e dall'allevamento di animali, sono inquadrati nei settori dell'industria o del commercio, quando per l'esercizio di tali attività ricorrano normalmente ed in modo continuativo ad approvvigionamenti dal mercato di prodotti agricoli e zootecnici in quantità prevalente rispetto a quella complessivamente trasformata, manipolata e commercializzata”. Articolo 2, comma primo, della medesima legge: “Qualora non si verifichi la condizione di cui all'articolo precedente, le imprese cooperative e loro consorzi, menzionati nell'articolo stesso, sono inquadrati, ai fini previdenziali, nel settore dell'agricoltura”.

[9] Invero, un altro caso da considerare come ipotesi di perdita del requisito di agrarietà nel caso di approvvigionamento mediante soccida è quella di cui al comma 1094 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296: “Si considerano imprenditori agricoli le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci. In tale ipotesi, le società possono optare per la determinazione del reddito applicando all'ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25 per cento”. In questo caso la condizione che assicura l’agrarietà dell’impresa non è la prevalenza, ma l’esclusività della provenienza dai soci dei prodotti utilizzati nel ciclo produttivo.

[10] Con riferimento alla soccida con conferimento di pascolo si precisa che, data la sua natura di contratto di scambio, il passaggio di bestiame dal soccidario al soccidante deve essere considerato acquisto dal mercato.

[11] Articolo 2181 del codice civile: “Al termine del contratto le parti procedono a nuova stima del bestiame. Il soccidante preleva, d'accordo con il soccidario, un complesso di capi che, avuto riguardo al numero, alla razza, al sesso, al peso, alla qualità e all'età, sia corrispondente alla consistenza del bestiame apportato all'inizio della soccida. Il di più si divide a norma dell'articolo 2178. Se non vi sono capi sufficienti ad eguagliare la stima iniziale, il soccidante prende quelli che rimangono”.

[12] Articolo 2178 del codice civile: “Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite dalla convenzione o dagli usi. È nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella spettantegli nel guadagno”.

[13] Articolo 2184 del codice civile: “Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili, le spese e, al termine del contratto, il bestiame conferito si dividono nella proporzione stabilita dalla convenzione o dagli usi”.

[14] Nel caso la divisione in natura non corrisponda alle proporzioni concordate, la parte eccedente la quota di pertinenza rappresenta invece, a tutti gli effetti, un acquisto dal mercato.

[15] Un ulteriore requisito affinché le cooperative di cui all’articolo 2 della legge n. 240/1984, che “trasformano, manipolano e commercializzano”, possano usufruire delle riduzioni di cui al comma 5 dell'articolo 9 della legge n. 67/1988 consiste nella effettiva trasformazione del prodotto ricevuto in conferimento dai soci localizzati nelle zone montane o svantaggiate. La logica alla base del trasferimento delle agevolazioni si basa infatti sul trasferimento del fabbisogno di lavoro di trasformazione potenzialmente incorporato nei beni conferiti dai soci della cooperativa. Pertanto, la parte di prodotto che, benché coltivata o allevata dal socio, sia conferita alla cooperativa al solo scopo della rivendita, non può conseguentemente comportare l’attribuzione di alcuna riduzione contributiva.

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